Manovra 2026: un “mignon” tra rigore e incognite

Yuri Brioschi
03/11/2025
Interessi

Il testo della Manovra 2026 ha completato il suo primo passaggio cruciale e, superata la “bollinatura”, è ora ufficialmente incamminato verso il dibattito parlamentare. Nonostante il documento offra una chiara panoramica delle priorità dell’Esecutivo, è doveroso sottolineare come la sua approvazione, avvenuta il 17 ottobre, dia il via a una discussione vincolata: come ribadito dal Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ogni eventuale modifica non dovrà alterare i saldi di bilancio già stabiliti.

Poco valore aggiunto, tante ombre sulle coperture

La caratteristica più evidente di questa Legge di Bilancio è la sua dimensione insolitamente ridotta, definita non a caso “mignon”. Con un valore complessivo di appena 18,7 miliardi di euro (circa lo 0,8% del PIL), si configura come la manovra più contenuta almeno dal 2014. Questa scelta, motivata dalla ferma volontà di evitare manovre in deficit e dalla prospettiva di un nuovo Patto di Stabilità che imporrà maggiore rigore, si traduce in un indebitamento netto inferiore al miliardo di euro, una cifra straordinariamente bassa rispetto agli anni precedenti.

Tuttavia, è proprio la sostenibilità delle coperture a sollevare i primi dubbi critici. Il Governo ha finanziato le misure attingendo in parte a migliorate entrate fiscali (dovute all’aumento di occupazione e inflazione) e, in modo significativo, alla rimodulazione del PNRR. Quest’ultima operazione, un “giro contabile” da 5,1 miliardi destinato per 4 miliardi in tre anni a incentivi per le imprese, rappresenta una manovra una tantum.

Elemento Critico: Circa il 48% delle coperture (circa 7,3 miliardi) è di natura temporanea, derivando da voci come la rimodulazione PNRR e la tassazione sul settore finanziario. Un dato preoccupante, poiché queste risorse finanzierebbero tagli di imposte e aumenti di spesa che sono invece attesi come permanenti, lasciando un interrogativo aperto sulla copertura futura.

La “mossa silenziosa” di Giorgetti

Il contenimento della spesa è stato perseguito anche attraverso una decisa Spending Review sui Ministeri, spesso definita la “mossa silenziosa” del Ministro Giorgetti. Il meccanismo adottato è pragmatico: allineare il bilancio dei dicasteri alla spesa effettivamente sostenuta l’anno precedente, tagliando, di fatto, le risorse non utilizzate. Dicasteri come Infrastrutture (-524 milioni), MEF (-465 milioni) e Ambiente (-377 milioni) subiranno le maggiori riduzioni di costi.

Sul fronte fiscale, l’intervento principale è la riforma IRPEF per il 2026, finanziata con 4,9 miliardi. L’intenzione è quella di alleggerire il carico fiscale dei lavoratori introducendo una struttura a tre scaglioni:

  • Fino a €28.000 euro: 23%
  • Da €28.001 a €50.000 euro: 33% (ridotto dal 35%)
  • Oltre €50.000 euro: 43%

Tasse al settore finanziario: una forma di “paternalismo fiscale”?

Una scelta economicamente e politicamente rilevante è l’intervento massiccio sul settore finanziario, che potremmo definire  una sorta di “paternalismo fiscale”. La manovra, che vale 11 miliardi nel triennio, prevede un aumento dell’IRAP per banche e assicurazioni (dal 4,65% al 6,65%), ma soprattutto un inasprimento della tassazione su riserve e dividendi.

Rischio evidenziato: L’incremento della tassazione per le banche, che non sono tutte caratterizzate dalla stessa profittabilità, potrebbe tradursi in un aumento dei costi a carico dei clienti finali, annullando in parte il beneficio sociale sperato.

Imprese e lavoro: incentivi e misure distorsive

Numerosi miliardi sono indirizzati a misure per sostenere imprese e lavoratori, con il ritorno di incentivi agli investimenti simili a “Industria 4.0” (oltre 8 miliardi nel triennio) e l’istituzione di una Zona Economica Speciale (ZES) per tutto il Mezzogiorno.

Nel campo del lavoro, spicca la riduzione della tassazione all’1% sui premi di produttività (con tetto innalzato a 5.000 euro). Tuttavia, l’introduzione della Flat Tax al 15% su straordinari, lavoro notturno e festivo, a patto che siano regolati da contrattazione collettiva, suscita perplessità. Questa misura, infatti, è considerata distorsiva, poiché rischia di creare ingiustificate disparità di reddito tra lavoratori che svolgono mansioni analoghe, in base unicamente alla tipologia del loro contratto.

Sanità, Pensioni e Famiglie: risorse e riforme mancanti

La Manovra stanzia 2,4 miliardi in più per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), un incremento che porterà la spesa sanitaria al 6,5%del PIL (livello del 2016) e che sarà destinato per la maggior parte agli stipendi.

Riflessione: Gli esperti sono concordi nel sottolineare che il mero aumento di risorse non è sufficiente. Per un sistema in affanno come la Sanità, l’incremento di spesa deve necessariamente accompagnarsi a un forte e improrogabile efficientamento del sistema nel suo complesso.

Per le Pensioni sono previsti circa 2 miliardi di maggiori spese nel triennio, con la proroga di misure come “Quota 103” e “Opzione donna”, mentre per le Famiglie spiccano il Bonus Nascita di mille euro e l’estensione del supporto per gli Asili Nido.

L’incognita finale: affitti brevi e tassazione asimmetrica

Un punto di scontro ancora aperto riguarda la proposta di aumentare la tassazione sugli Affitti Brevi dal $21\%$ al $26\%$ per chi utilizza portali di intermediazione. Questa misura, su cui la maggioranza appare divisa, evidenzia il rischio di una tassazione asimmetrica in base al canale distributivo, un elemento che può generare implicazioni negative sul mercato.

In conclusione

La Manovra 2026 si presenta come una Legge di Bilancio all’insegna del rigore e della prudenza finanziaria. Il Governo dimostra un’ottima attenzione ai conti pubblici, ponendo le basi per una potenziale uscita anticipata dalla procedura di infrazione europea. Ciononostante, il dato più critico resta la scelta di finanziare misure a carattere permanente (tagli fiscali e aumenti di spesa) con risorse che sono spesso una tantum (come quelle derivanti da rimodulazioni e tassazioni straordinarie). Tale impostazione lascia la partita sulla sostenibilità futura dei conti pubblici ancora incerta e dipendente dalle manovre che saranno necessarie negli anni a venire.