I dati del rapporto SISPRI: l’arsenale nucleare cinese in costante crescita

Sofia Fornari
16/06/2025
Frontiere

Nel silenzio operoso della diplomazia e sotto lo sguardo attento delle potenze mondiali, la Cina continua ad ampliare il proprio arsenale nucleare, pur ribadendo a ogni occasione la propria adesione a una strategia di autodifesa. A certificarlo è il nuovo rapporto 2025 dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), secondo cui Pechino avrebbe ormai raggiunto le 600 testate nucleari, crescendo al ritmo di circa 100 nuove unità all’anno. Nessun altro Paese, oggi, espande le proprie capacità atomiche con una simile rapidità.

Il dato si inserisce in un contesto internazionale sempre più fragile, in cui il disarmo nucleare sembra ormai un obiettivo retorico, lontano dalle agende concrete dei principali attori globali. L’allarme del SIPRI, è chiaro: “Sta emergendo una nuova e pericolosa corsa agli armamenti nucleari”, un fenomeno che segna il ritorno a logiche da Guerra Fredda in un mondo già attraversato da tensioni geopolitiche, guerre regionali e instabilità sistemiche.

La posizione ufficiale di Pechino: “Nessuna corsa agli armamenti”

La risposta cinese al rapporto SIPRI non si è fatta attendere. Secondo Guo Jiakun, portavoce del ministero degli Esteri, la Cina ha sempre aderito a una strategia nucleare di autodifesa, mantenendo le proprie capacità al livello minimo richiesto per la sicurezza nazionale. Guo ha inoltre ribadito che Pechino non si è mai impegnata in una corsa agli armamenti, e che continua ad adottare la politica del non primo utilizzo delle armi nucleari, un impegno che – secondo le parole del portavoce – è rigoroso e incondizionato, esteso anche alla promessa di non usare armi nucleari contro Stati non nucleari o in zone denuclearizzate.

Questo posizionamento, pur coerente con la narrativa tradizionale cinese in ambito nucleare, stride con i numeri riportati dal SIPRI. Se è vero che Mosca e Washington continuano a detenere il grosso degli armamenti globali (con 5.459 e 5.177 testate rispettivamente, pari a circa il 90% del totale mondiale), l’accelerazione cinese rappresenta una novità strategica di lungo periodo, destinata a influenzare gli equilibri globali.

Il contesto globale: una tendenza alla ri-militarizzazione nucleare

Il rapporto evidenzia che, a fronte di una lieve riduzione dell’inventario globale di testate (12.241 unità), la tendenza è comunque quella di una modernizzazione e rafforzamento degli arsenali da parte di tutte le potenze nucleari. L’espansione cinese, in questo senso, appare come un segnale di competizione multipolare, che non riguarda solo la deterrenza nei confronti degli Stati Uniti, ma anche un’affermazione della propria posizione nel ristretto club delle potenze globali capaci di proiettare forza strategica.

In questo scenario si inserisce anche la Corea del Nord, che secondo le stime del SIPRI conserva circa 50 testate e materiale fissile per produrne fino a 40 ulteriori. Israele, da parte sua, pur non riconoscendo ufficialmente il possesso di armi nucleari, è stimato disporre di circa 90 testate, confermando la persistente ambiguità strategica nel Medio Oriente.



Cosa implica la traiettoria cinese

Il ritmo sostenuto con cui la Cina sta ampliando il proprio arsenale ha implicazioni profonde. Non si tratta solo di numeri, ma di proiezione strategica, deterrenza regionale (specialmente verso India, Stati Uniti e Giappone) e, in prospettiva, di capacità di negoziazione in un futuro assetto internazionale dove le testate nucleari tornano a essere una moneta geopolitica, come accadeva nel XX secolo.

A rendere ancor più significativo l’incremento cinese è il fatto che Pechino non partecipa a trattati di riduzione delle armi nucleari comparabili a quelli firmati in passato tra Washington e Mosca. Questo la colloca in una posizione di crescente autonomia rispetto alle regole del disarmo multilaterale, rendendo più difficile ogni ipotesi di negoziato complessivo.

Tra retorica di pace e realtà strategica

La Cina continua a proclamare la sua adesione al principio della pace e della stabilità globale, ma i dati mostrano un’altra realtà, più ambigua e sfaccettata. La modernizzazione dell’arsenale atomico è un fatto, così come il ritmo con cui avviene. E se la politica del “non primo utilizzo” può rassicurare sul piano dottrinale, la crescita quantitativa e qualitativa delle testate impone nuove riflessioni sull’equilibrio strategico globale.

Il SIPRI lancia un segnale d’allarme: la nuova corsa agli armamenti nucleari non è solo un rischio futuro, ma una realtà già in atto. Ignorarlo equivale a rinunciare preventivamente alla possibilità di contenere l’escalation.