Non solo Tagle: perché le Filippine sono sempre più strategiche

L’attenzione del mondo – e degli analisti – verso le Filippine, in queste settimane, non si concentra solo sull’ipotesi che il cardinale Luis Antonio Tagle possa diventare papa, ma anche sul ruolo sempre più strategico del Paese nello scacchiere indo-pacifico.
Le Filippine guardano da vicino Taiwan
Volgendo lo sguardo verso il Pacifico, dove Pechino cerca di rafforzare con decisione la propria presenza, Manila inizia a prestare un’attenzione crescente a Taiwan. Se in passato le Filippine si concentravano soprattutto su questioni interne e sulla difesa delle proprie acque nel Mar Cinese Meridionale, oggi il dossier taiwanese si impone come una priorità strategica. Sullo sfondo, la pressione costante esercitata da Pechino, sia nello Stretto di Taiwan sia direttamente sulle Filippine, contribuisce a ridefinire gli equilibri dell’area indo-pacifica.
Un cambio di postura strategica a Manila
Per anni, la politica di sicurezza nazionale filippina è stata dominata da problematiche interne, come le insurrezioni a Mindanao – alimentate anche dall’ex presidente Duterte – le minacce terroristiche e le dispute marittime nel Mar Cinese Meridionale. L’eventualità di un conflitto nello Stretto di Taiwan, distante meno di 160 chilometri dalle isole più settentrionali dell’arcipelago, ha spinto Manila a ricalibrare la propria agenda di difesa. Ma in che modo?
Negli ultimi mesi, il presidente Ferdinand Marcos Jr. ha abbandonato la consueta cautela diplomatica, riconoscendo pubblicamente il rischio crescente dallo Stretto. Le visite alle unità militari nel nord del Paese e diverse dichiarazioni ufficiali riflettono una nuova consapevolezza: un’escalation a Taiwan avrebbe ripercussioni inevitabili sulla sicurezza nazionale. “È difficile immaginare uno scenario in cui le Filippine non siano coinvolte,” ha dichiarato Marcos in un’intervista, segnando una svolta chiara nella linea politica di Manila.
Manila e Taipei: un avvicinamento necessario
Sul piano diplomatico, un segnale forte è arrivato con l’allentamento delle restrizioni sui contatti ufficiali tra Filippine e Taiwan. Una nuova direttiva autorizza i funzionari filippini a recarsi a Taipei per finalità economiche e commerciali, a patto che utilizzino passaporti ordinari e non si menzionino titoli ufficiali. Si tratta di un cambiamento significativo rispetto alle rigide limitazioni precedenti, imposte dall’adesione filippina alla “One China Policy”.
Questa apertura non implica un riconoscimento formale di Taiwan, ma segnala la crescente rilevanza dei legami economici e strategici tra Manila e Taipei in un contesto sempre più dominato dalla competizione con Pechino.
L’ombra lunga di Pechino
Non sorprende che la Cina abbia reagito con fermezza, ammonendo Manila a “non giocare con il fuoco” sulla questione Taiwan e avvertendo che ogni atto percepito come ostile potrebbe compromettere la stabilità regionale. I toni duri del Ministero degli Esteri cinese, uniti alle crescenti preoccupazioni per la cooperazione militare tra Filippine e Stati Uniti, riflettono l’irritazione di Pechino di fronte a una possibile rete di contenimento.
A peggiorare il quadro, Washington ha approvato la vendita di caccia F-16 alle Filippine per oltre 5 miliardi di dollari, un’operazione che la Cina ha interpretato come una provocazione. Manila, da parte sua, ribadisce che la cooperazione con partner stranieri serve solo a rafforzare la propria capacità di autodifesa, senza intenti offensivi. In sostanza, cerca di rassicurare, ma la Cina resta in allerta.
L’importanza delle esercitazioni militari tra USA e Filippine
La cooperazione militare tra Filippine e Stati Uniti ha preso forma con una nuova edizione delle esercitazioni congiunte Balikatan, la più imponente mai realizzata finora. Con oltre 14.000 soldati filippini e statunitensi coinvolti, insieme a contingenti di Australia, Giappone e altri partner, le manovre superano i confini delle operazioni convenzionali. Oggi simulano scenari di difesa integrata contro minacce marittime e aeree, incluse potenziali crisi nello Stretto di Taiwan.
Sistemi d’arma avanzati come NMESIS (sistema di interdizione navale terrestre) e HIMARS (sistema di lancio multiplo ad alta mobilità) sono stati schierati nelle Filippine, estendendo la capacità di deterrenza oltre il Mar Cinese Meridionale. Parallelamente, si investe anche su esercitazioni cyber, sul comando e controllo e sulla modernizzazione delle forze armate, con l’obiettivo di rafforzare la difesa dell’arcipelago.

Verso un Indo-Pacifico “libero e aperto”
Senza adottare toni bellicosi, le Filippine sembrano intenzionate a consolidare il proprio ruolo nella strategia statunitense per un Indo-Pacifico “libero e aperto”. In questo contesto, Taiwan non è solo una questione territoriale, ma diventa un test cruciale per le alleanze regionali.
Come sottolineano diversi alti ufficiali filippini, l’obiettivo primario resta la deterrenza: scoraggiare ogni tentativo di coercizione o aggressione. Tuttavia, la nuova postura di Marcos Jr. è inequivocabile: le Filippine non vogliono restare spettatrici passive di fronte a una possibile crisi nello Stretto. Con le pressioni cinesi in aumento – soprattutto contro le navi e i pescherecci filippini – il Paese è chiamato a scegliere da che parte stare. E a farlo con equilibrio, dosando con attenzione il proprio sostegno a Taiwan.