Il doppio standard tra Ucraina e Israele: una sindrome europea
Introduzione: un contesto di asimmetria nel dibattito globale
Nel panorama geopolitico contemporaneo, emergono narrazioni che sembrano applicare due pesi e due misure quando si tratta del diritto alla difesa di Stati coinvolti in conflitti esistenziali. L’Ucraina, invasa e aggredita dalla Russia, riceve un ampio sostegno internazionale, giustificato dal principio del diritto alla resistenza contro un’invasione non provocata. Al contrario, Israele, quando esercita il proprio diritto a difendersi da attacchi che ne minacciano l’esistenza, è spesso sottoposto a critiche molto più feroci, accompagnate da accuse di sproporzione, violazione del diritto internazionale e persino di genocidio.
Questa disparità di trattamento solleva questioni di natura etica, politica e storica, richiamando alla luce i pregiudizi che influenzano il giudizio globale. La legittimità della difesa e della stessa esistenza di uno Stato non può essere subordinata a condizioni irraggiungibili o ad aspettative morali che non trovano riscontro in altri contesti.
Ucraina e Israele: due pesi, due misure nella percezione del diritto alla difesa
L’aggressione russa in Ucraina ha suscitato una condanna diffusa da parte della comunità internazionale. La narrazione dominante pone (aggiungiamo: per fortuna, essendo la realtà) l’Ucraina come vittima di un’aggressione illegittima e riconosce il suo diritto a resistere. Esistono certamente critiche che tendono a relativizzare il conflitto – come l’accusa di corruzione del governo di Kyiv, la chiusura di partiti filorussi o il presunto asservimento agli interessi occidentali – ma rimangono narrazioni “alternative”. In generale, il diritto dell’Ucraina alla difesa non viene messo in discussione in termini assoluti, e il sostegno internazionale si manifesta in aiuti militari, economici e politici.
Per Israele, la situazione appare profondamente diversa. Quando Israele reagisce ad attacchi che ne mettono a rischio l’esistenza, il discorso pubblico assume toni molto critici. L’accusa di sproporzione nelle azioni militari, il concetto di punizione collettiva e le gravi accuse di genocidio dominano la narrativa, spesso ignorando il contesto più ampio: la minaccia esistenziale rappresentata da organizzazioni come Hamas, il cui obiettivo dichiarato ed esplicitamente perseguito è la distruzione dello Stato di Israele.
Questa divergenza di percezione genera un’asimmetria inquietante: il diritto alla difesa dell’Ucraina è considerato sacro e sostenuto; quello di Israele è costantemente messo in discussione, subordinato a condizioni e critiche che raramente vengono applicate ad altri Stati coinvolti in conflitti simili.
Criticare Israele: tra legittimità e pregiudizio
Uno degli aspetti più problematici di questa asimmetria è il linguaggio utilizzato. Quando si afferma che «criticare Israele è legittimo», si introduce implicitamente l’idea che tale legittimità sia un’eccezione, come se ogni critica rischiasse di oltrepassare un limite. È importante chiarire: la critica alle politiche di qualsiasi governo, e dunque anche a quello israeliano, è, di per sé, del tutto legittima. Tuttavia, ciò che distingue le critiche rivolte a Israele è il loro frequente legame con una negazione più profonda: quella del diritto stesso di Israele a esistere.
Questo tipo di critica affonda le radici in pregiudizi storici e politici di natura antisemitica. Israele, a differenza di altri Stati, non viene giudicato esclusivamente per le sue azioni, ma deve costantemente “meritarsi” la propria esistenza e legittimità. Ogni errore o violazione attribuita alle sue azioni viene amplificato e trasformato in un affievolimento del suo diritto a essere riconosciuto come Stato sovrano.
Ad esempio, mentre nessuno nega la legittimità della Russia o della Cina nonostante gravi violazioni dei diritti umani, Israele viene sottoposto a uno scrutinio morale e politico che trascende la critica legittima e assume contorni ideologici e pregiudiziali.
La radice storica e ideologica dell’asimmetria
Per comprendere questa disparità di trattamento, è necessario esaminare le radici storiche delle narrazioni in gioco. Nel caso dell’Ucraina, l’aggressione russa è percepita come una violazione chiara e inequivocabile del diritto internazionale, in un contesto in cui l’Ucraina stessa è rappresentata come vittima di un potere imperialista.
Israele, invece, è spesso giudicato attraverso il filtro della contestazione storica del progetto sionista. La sua nascita, avvenuta nel contesto della decolonizzazione e di un conflitto arabo-israeliano irrisolto, è per molti critici un “peccato originale” che Israele non ha mai redento. Questa narrazione, profondamente radicata, fa sì che Israele sia percepito come uno Stato “anormale”, la cui legittimità è costantemente messa in discussione.
Le accuse contro Israele: contesto e realtà
Le accuse più comuni rivolte a Israele – come quelle di pulizia etnica, apartheid o di trasformare Gaza in una “prigione a cielo aperto” – spesso ignorano il contesto più ampio del conflitto. La Striscia di Gaza è governata da Hamas, un’organizzazione terroristica che persegue come obiettivo dichiarato la distruzione di Israele. Le operazioni militari israeliane, pur drammatiche e dolorose, si inseriscono in un quadro di legittima difesa contro attacchi indiscriminati rivolti alla popolazione civile israeliana.
In nessun altro conflitto si osserva una simile cancellazione del contesto. Ad esempio, le azioni militari condotte dalla NATO in Serbia o in Afghanistan non hanno mai portato a una delegittimazione dei Paesi coinvolti, né alla negazione del loro diritto a difendersi. Non troviamo nulla di simile risalendo nei decenni fino ai due conflitti globali e anche oltre.
Conclusione: verso un giudizio equo e universale
La disparità di trattamento tra Ucraina e Israele solleva una questione fondamentale: perché il diritto alla difesa viene applicato con standard diversi? La legittimità del diritto di Israele a esistere e a difendersi non può essere subordinata a condizioni impossibili o pregiudizi storici, così come il diritto dell’Ucraina a resistere non è condizionato dalla perfezione morale o politica del suo governo.
Comprendere questa asimmetria non significa giustificare ogni azione di questi Stati, ma riconoscere un principio universale: il diritto alla sicurezza, all’autodeterminazione e alla difesa è inalienabile e non può essere applicato selettivamente. Solo riconoscendo questa verità sarà possibile costruire un discorso pubblico più equo, privo di pregiudizi ideologici e rispettoso della realtà complessa dei conflitti moderni.