L’UE e la guerra lunga. Il 19° pacchetto di sanzioni alla Russia segna un passo avanti, tardivo

Vincenzo D'Arienzo
25/10/2025
Orizzonti

L’Unione europea ha approvato il 19° pacchetto di sanzioni contro la Russia, che introduce, tra le misure più significative, un divieto sulle importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) russo. Secondo quanto riportato da Reuters, la misura entrerà in vigore in due fasi: i contratti a breve termine saranno interrotti entro sei mesi, mentre i contratti a lungo termine termineranno il 1° gennaio 2027. Il divieto anticipa di un anno la tabella di marcia della Commissione per porre fine alla dipendenza energetica dai combustibili fossili russi.


Si tratta di un passo importante, ma anche di una decisione tardiva. Se l’Unione è giunta oggi al diciannovesimo pacchetto di sanzioni, significa che molte misure potevano essere adottate fin dal febbraio 2022, quando le truppe russe hanno attraversato i confini dell’Ucraina. L’Europa ha preferito un approccio graduale, cauto, spesso frenato da divisioni interne e da un eccesso di prudenza verso Mosca. Ma mentre Bruxelles cercava compromessi, il Cremlino consolidava la sua economia di guerra, adattandosi alle restrizioni e spostando progressivamente i propri scambi verso Asia e Medio Oriente.



La prudenza europea e il prezzo della lentezza

Dopo quasi quattro anni di conflitto, la sensazione è che l’Occidente, e in particolare l’Europa, si muova ancora su un crinale ambiguo: condannare la guerra senza agire in modo pienamente deterrente. Le sanzioni colpiscono con intensità crescente, ma restano reattive più che strategiche. Il divieto graduale al GNL russo, ad esempio, rappresenta un segnale politico forte, ma con effetti reali rimandati di fatto a fine decennio.
Nel frattempo, Mosca ha avuto tutto il tempo per riorientare le proprie esportazioni energetiche verso mercati alternativi. Le sanzioni europee hanno ridotto i flussi diretti, ma non hanno azzerato gli introiti del Cremlino. Di fronte a questa realtà, cresce la convinzione che sia necessario un cambio di passo: requisire gli asset finanziari russi congelati in Europa e trasformarli in fondi diretti a sostegno dell’Ucraina non è più una questione tecnica, ma di volontà politica.


Il rinvio deciso dal Consiglio europeo, su richiesta del Belgio, dimostra che la paura delle ritorsioni continua a prevalere su una visione comune della sicurezza europea. Il premier belga Bart De Wever ha chiesto garanzie che ogni Stato membro condivida il rischio, poiché la maggior parte dei fondi è gestita da Euroclear, società con sede a Bruxelles. È un timore comprensibile, ma anche il segnale di un’Europa che ancora fatica a concepirsi come soggetto geopolitico unitario.



Una rete di restrizioni più ampia ma ancora difensiva

Il nuovo pacchetto introduce anche restrizioni di viaggio ai diplomatici russi e l’inserimento di 117 nuove navi della flotta ombra di Mosca, per lo più petroliere, portando il totale a 558 unità. L’obiettivo è ostacolare i traffici che aggirano il tetto al prezzo del petrolio imposto dall’Occidente.
Inoltre, vengono colpite banche in Kazakistan e Bielorussia e alcune entità in India e Cina che contribuiscono indirettamente al sostegno dell’economia di guerra russa. L’Alto Rappresentante Kaja Kallas ha sottolineato che l’UE “sta frenando i movimenti dei diplomatici russi per contrastare i tentativi di destabilizzazione”, e che “per Putin è sempre più difficile finanziare la guerra”.


Tuttavia, se l’obiettivo è davvero rendere insostenibile l’aggressione russa, serve più di un nuovo elenco di navi o entità sanzionate. Occorre passare da una politica di contenimento a una politica di pressione attiva: rafforzare le capacità di difesa ucraina, anche con sistemi d’arma in grado di colpire le infrastrutture energetiche e industriali russe. In altre parole, un’estensione del concetto di “sanzione” dal piano economico a quello strategico.

Il momento di scegliere


L’Europa si trova oggi davanti a un bivio. Continuare a incrementare le sanzioni con lentezza e cautela significa accettare una guerra di logoramento destinata a protrarsi. Agire con decisione, invece, significa riconoscere che la sicurezza europea è legata alla vittoria ucraina, e che non esiste neutralità possibile di fronte a un’aggressione pianificata e reiterata.


Il 19° pacchetto di sanzioni è un passo nella giusta direzione, ma non basta. La credibilità europea non si misura più nella capacità di aggiungere nuove misure, ma nel coraggio di applicarle senza esitazioni. L’UE ha ancora il tempo – e la forza – per dimostrare che non è solo un’unione economica, ma una comunità politica capace di difendere i propri valori anche con strumenti di potenza.
Il momento di scegliere è adesso.


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