Turbolenze a Madrid. La partita di Sánchez tra NATO e Congreso

Sanchez Spagna
Nicola Giovanetti
02/07/2025
Interessi

Negli ultimi giorni il premier spagnolo Pedro Sánchez è finito sotto i riflettori a livello europeo e mondiale per il suo netto rifiuto a Trump di impegnarsi a portare la spesa militare fino al 5% del PIL, come richiesto dal presidente americano, definendo tale sforzo insostenibile e incompatibile con il modello sociale ed economico spagnolo.

Ma davvero il primo ministro spagnolo si oppone in quanto contrario a priori ad aumentare la spesa in ambito di difesa e sicurezza? Oppure sta usando il tema per risolvere problemi di politica interna e spostare l’attenzione su un argomento delicato e sensibile come questo, ricompattando così i suoi sostenitori nelle Cortes? Per rispondere a questa domanda occorre capire cosa sta succedendo a Madrid negli ultimi mesi.

La fragilità del governo Sanchez


Il governo Sánchez III si fonda su un’alleanza inedita tra PSOE (il partito socialista dello stesso premier), Sumar (partito a sinistra del PSOE), Podemos (l’ex partito di Pablo Iglesias) e una serie di partiti indipendentisti catalani, baschi e delle isole Canarie. In particolare, si regge sull’appoggio del partito Junts, il partito catalano di destra guidato da Carles Puigdemont, con l’obiettivo di garantire ai leader indipendentisti l’amnistia in seguito ai tentativi di indipendenza catalana del 2018-2019.

Già dalla composizione dell’esecutivo e della maggioranza parlamentare che lo sostiene si comprende la fragilità del governo Sánchez, o come direbbero gli avversari, del “sistema Sánchez” che si riproduce per perpetuarsi nel potere dal 2018.

A tal proposito è tornato virale un video del 2019 in cui Albert Rivera, ex leader del partito liberale Ciudadanos, denuncia in Parlamento il piano di Sánchez di mantenersi al potere per sempre, definendolo un vero e proprio “Plan Sánchez”.

Gli ultimi scandali nel PSOE

Accanto a tale fragilità, negli ultimi mesi scandali di corruzione hanno colpito duramente il cerchio magico del PSOE e del premier Sánchez. Le prime accuse emerse nel 2024 riguardano una presunta trama legata allacquisto di mascherine durante la pandemia, con prezzi gonfiati, prodotti scadenti e tangenti illegali. L’indagine, chiamata “Operazione Delorme” e condotta dalla Guardia Civil, coinvolge anche appalti pubblici truccati e riciclaggio tramite società di comodo.

Tra gli arrestati di questo filone giudiziario spicca Koldo García, consulente politico del PSOE e fulcro della rete, accusato di associazione a delinquere, traffico di influenze e corruzione.

Un secondo scandalo riguarda José Luis Ábalos, ex ministro dei Trasporti e uomo chiave del PSOE, indagato per traffico di influenze, corruzione e malversazione, in relazione a García.

L’escalation giudiziaria che fa tremare il governo

Lo scandalo più grave che colpisce al cuore il governo Sánchez riguarda Santos Cerdán, ex segretario di organizzazione del PSOE, braccio destro del presidente e numero tre del partito. L’esponente è indagato come presunto responsabile di criminalità organizzata, corruzione e traffico di influenze. Secondo l’accusa, avrebbe gestito un giro di tangenti per almeno 620mila euro in cambio di appalti pubblici, intascando circa 5 milioni di euro. Cerdán è stato posto in custodia cautelare in carcere il 30 giugno, perché ritenuto in grado di alterare, nascondere o distruggere prove.

L’arresto rappresenta un duro colpo per Sánchez, sia perché Cerdán è stato il fulcro di molte attività governative e partitiche del premier, sia perché è stato l’artefice dell’attuale governo, avendo negoziato in particolare con Puigdemont l’accordo sull’amnistia per la Catalogna. A questo si aggiunge il fatto che il fratello di Pedro Sánchez, David Sánchez, è sotto processo per presunto traffico di influenze e abuso d’ufficio legati a un incarico pubblico regionale.

Cosa fa nel frattempo Pedro Sánchez? Negando fortemente il coinvolgimento diretto, ha licenziato Cerdán avviando un audit interno, con la promessa di non lasciare mai il palazzo della Moncloa per evitare che la destra torni al governo.



Gli sviluppi politici della crisi del governo Sanchez possono fondamentalmente portare a tre diversi risvolti pratici:

Il piano A del Premier: resistenza ad oltranza

Sánchez rimane in carica. Sfidando l’opposizione, in particolare il Partido Popular guidato da Feijóo, con l’obiettivo di arrivare alla scadenza naturale della legislatura nel 2027, impedendo alla destra di arrivare al potere.

Tuttavia, sia i partiti alla sua sinistra, Sumar e Podemos, sia gli indipendentisti, stanno sollevando dubbi sull’integrità del presidente e sull’idea di continuare fino al 2027. Tutti gli alleati alzeranno le richieste, e qui rientra la questione NATO e la necessità di sbloccare la legge sull’amnistia catalana, che non potrà più essere rimandata.

Nel frattempo, il segretario generale del PP Feijò, impegnato nella sua rielezione alla guida del partito, ha incaricato il capogruppo in Parlamento di dialogare con gli alleati di Sánchez, in particolare PNV, ERC e Podemos, per preparare una mozione di sfiducia. Ad oggi, però, questi colloqui non hanno prodotto risultati.

Worst case scenario per Sanchez: dimissioni

Se la resistenza del premier non dovesse avere lungo respiro, si profilerebbe l’istituzionalizzazione della crisi di governo, con due possibili vie di uscita:

  1. Il PSOE e la società civile di sinistra spingono Sánchez alle dimissioni, con l’obiettivo di formare un nuovo governo socialista con gli stessi alleati ma un presidente diverso, per concludere la legislatura e rilanciare il partito, depurandolo dagli scandali, in vista delle elezioni del 2027 e approvare una dura legge anti-corruzione. Questa posizione è sostenuta, tra gli altri, dallo scrittore e intellettuale d’area socialista Javier Cercas, che definisce le eventuali dimissioni di Sánchez come “la sua più grande vittoria politica e umana.”
  2. Elezioni anticipate, con Sánchez che gioca un nuovo “all in” come alle ultime consultazioni, per evitare una mozione di sfiducia. Questa è però l’opzione più rischiosa, perché i sondaggi danno il Partido Popular in vantaggio tra il 33 e il 35%, contro il 27-29% attribuito ai socialisti. In questo scenario, cresce anche l’estrema destra di VOX, che si attesta tra il 14 e il 16% ed è sempre più popolare tra i giovanissimi.

Vedremo nelle prossime settimane come andrà a finire. In ottica internazionale però possiamo spendere una considerazione: la mossa di Sánchez in ambito NATO va letta non tanto in chiave ideologica anti-militarista, ma secondo le logiche interne.

E’ evidente che il premier abbia usato il proscenio internazionale per mettere la polvere sotto il tappeto a casa propria, tentando in extremis di ricompattare la maggioranza lasciando, eventualmente, la “patata bollente” ai suoi successori. Il destino di Sanchez ad oggi parrebbe segnato, ma guai a darlo facilmente per morto perché una cosa è certa, il leader iberico non rinuncerà neanche stavolta all’ennesima “resistencia da manual”.