Il “treno impazzito” della spesa pubblica. Ecco perché le tasse sono così alte e il paese non cresce
La Spesa pubblica italiana è l’insieme delle uscite sostenute dallo Stato e dagli enti pubblici (Regioni, Comuni, ecc.) per finanziare i servizi alla collettività. In teoria, è la “lista della spesa” che dovrebbe riflettere le priorità e gli obiettivi del Paese. In pratica, per l’Italia, può essere efficacemente descritta come un treno impazzito: una macchina di uscite difficilmente controllabile, valutabile e gestibile.
Questo “treno” è il motivo principale per cui la pressione fiscale in Italia è tra le più alte d’Europa. Una quota significativa della spesa, infatti, risulta inefficiente, non fornendo ai contribuenti un ritorno adeguato al sacrificio richiesto.

Numeri che fanno tremare i polsi: il divario con l’Europa
I dati macroeconomici disegnano un quadro allarmante che evidenzia l’anomalia italiana:
- Spesa vs. crescita (2000-2025): La spesa pubblica italiana è aumentata 4 volte più velocemente della media europea, mentre la crescita del PIL è stata 4 volte inferiore alla media europea.
- Debito pubblico e interessi: Per ogni €100 di spesa pubblica, €8 sono destinati al solo pagamento degli interessi sul debito, una cifra che, in termini macroeconomici, assorbe circa il 4% del PIL. Sono 8 euro che vengono sottratti a investimenti, sanità e scuola.
- Decenni di squilibrio: Dal 1995, la spesa pubblica corrente primaria è cresciuta in media del +2,6% all’anno, a fronte di una crescita del PIL reale di appena +0,7% all’anno. Questo significa che la spesa sociale e gli acquisti di beni e servizi sono aumentati a una velocità pari a quasi cinque volte la nostra capacità di produrre reddito.
- Il Gigante del debito: Il debito pubblico supera i TREMILA MILIARDI di euro, portando il rapporto Debito/PIL al 135% (circa €50.000 di debito per ogni cittadino).
La spesa pubblica non è una risorsa illimitata o aliena: è alimentata dalle tasse di tutti noi. Se il Paese non torna a produrre reddito a una velocità decisamente superiore, mantenere l’attuale (e crescente) livello di uscite diventerà insostenibile.
Inefficienze nei “vagoni”: Partecipate, Sanità e Trasporti
L’esempio più lampante di squilibrio risiede nella gestione delle entrate e delle uscite:
- Assistenza vs. getitto IRPEF: Nel 2024, le entrate IRPEF sono state circa 235,5 miliardi di euro. Nello stesso anno, i soli trasferimenti dalla fiscalità generale per coprire il sistema assistenziale e previdenziale (non coperto dai contributi) hanno raggiunto la cifra monstre di circa 180 miliardi di euro. Nonostante l’enorme aumento della spesa sociale (circa 1.300 miliardi in 10 anni), la percentuale di famiglie in povertà assoluta è quasi raddoppiata.
- Sanità: Il settore, che assorbe circa l’85% del bilancio regionale, è frenato da un sistema di accreditamento tra pubblico e privato in totale discrezionalità, senza concorso né concorrenza, che mantiene le uscite senza freno.
A questo si aggiungono le inefficienze nelle società controllate dallo Stato:
- Partecipate misteriose: Sul numero di società partecipate in Italia regna il caos: per l’ISTAT sono circa 5.000, mentre per il Ministero sono circa 8.000. Una differenza “risibile”, se non fosse per le inefficienze clamorose che gestiscono.
- Assenteismo monstre: Società partecipate come Atac (trasporto pubblico romano) registrano tassi di assenteismo che arrivano a 1.300 dipendenti al giorno su 10.000, mentre AMA (raccolta dei rifiuti di Roma) viaggia intorno al 20%. Queste inefficienze sono pagate con i soldi pubblici.
- Costo del trasporto pubblico: in Italia il costo medio per Km è di 5€ , a fronte di una media europea di 3€/Km.. Per quanto riguarda le entrate, solo un terzo proviene dai biglietti, mentre i restanti due terzi sono coperti da finanziamento pubblico.

Dipendenti pubblici, sprechi regionali e mancate entrate
Nonostante l’Italia abbia meno dipendenti pubblici per 100 abitanti rispetto ad altri Paesi europei (Germania, Spagna, Francia), le inefficienze regionali sono evidenti:
- Sprechi regionali: Le analisi della Corte dei Conti evidenziano sprechi nel personale in Regioni come Lazio, Liguria e Calabria. L’allineamento del personale alla media attesa porterebbe a risparmi complessivi di oltre 900 milioni di euro tra le tre regioni.
Tutte queste uscite sono ancora più drammatiche se pensate alle mancate entrate dovute a evasione ed elusione fiscale.
- Evasione fiscale: L’evasione totale (fiscale e previdenziale) ammonta a circa 100 miliardi di euro. Solo l’evasione IVA (il “nero”) vale 31,8 miliardi, e l’evasione IRPEF da lavoratori autonomi e piccole imprese è di 32,5 miliardi.
- Capitali all’estero: Si stima che circa 200 miliardi di euro “italiani” siano detenuti nei paradisi fiscali.
- Incapienti: Circa 20 milioni di potenziali contribuenti si dichiarano incapienti o non rientrano nelle fasce “tassabili”.
La Soluzione anti-crisi: tornare ai binari
Il Paese ha bisogno di essere “rivoltato come un calzino” (e tralasciamo il peso finanziario di misure come il Superbonus, la cui ultima rata da 40 miliardi ci accompagnerà fino al 2026).
Non servono ricette magiche, ma scelte drastiche e coraggiose per efficientare la spesa, misurare e valutare ogni politica pubblica e riformare i processi:
- Liberalizzazione e concorrenza: Sbloccare il Paese dalle corporazioni promuovendo la concorrenza, in particolare nel settore Sanitario e nei servizi pubblici.
- Fusioni amministrative: Promuovere le fusioni tra piccoli comuni per efficientare la spesa amministrativa e aumentarne la “produttività”.
- Focus statale: Lo Stato deve tornare a fare bene poche cose anziché farne tante male, eliminando i programmi che non hanno prodotto risultati concreti e verificabili.
Qualcuno la prenderà a male di sicuro ma lo Stato deve fare bene poche cose bene anzichè farne tante male… anzi in alcuni casi malissimo









