“Soldati cubani con la Russia, l’Europa rompa con il regime castrista”. Intervista a Gutiérrez Boronat, voce della dissidenza

Piercamillo Falasca
04/06/2025
Orizzonti

Cuba non è solo un problema per i cubani. È un laboratorio internazionale di totalitarismo, un nodo della rete autoritaria globale. Finché l’Europa continuerà a trattarla come un interlocutore legittimo, rimarrà complice. Con queste parole inequivocabili, Orlando Gutiérrez-Boronat, politologo e attivista di lunga data per i diritti umani, denuncia l’indifferenza dell’Unione Europea nei confronti della natura repressiva e neocoloniale del regime cubano.

Cofondatore della Direzione Democratica Cubana e figura chiave de la Asemblea de la Resistencia Cubana, una coalizione internazionale che riunisce oltre 40 organizzazioni per i diritti umani e gruppi pro-democrazia, sia all’interno che all’esterno di Cuba, Gutiérrez-Boronat si batte senza sosta da decenni per una Cuba libera e democratica.

Lo abbiamo intervistato in esclusiva per L’Europeista, durante un incontro tenutosi presso la sede dell’Euro-Gulf Information Centre (EGIC) a Roma. Mentre continua la sua campagna internazionale a fianco di parlamentari e governi per chiedere la fine dell’Accordo di dialogo politico e di cooperazione UE-Cuba – che, a suo dire, serve solo a rafforzare la dittatura – lo stesso EGIC sta lavorando attivamente per sensibilizzare istituzioni e media sui rischi per la sicurezza globale posti dal regime cubano.

Dottor Gutiérrez-Boronat, perché considera Cuba un attore centrale nel panorama delle minacce autoritarie globali, nonostante il suo limitato potere economico?
Perché il potere del regime cubano non si misura in termini economici, ma ideologici e strategici. Nel corso dei decenni, Cuba è diventata una piattaforma per l’esportazione del totalitarismo. I suoi servizi di intelligence sono sofisticati, le sue alleanze con regimi autoritari come la Russia, l’Iran e il Venezuela sono radicate e mantiene persino legami operativi con gruppi come Hezbollah e Hamas. Non è esagerato dire che Cuba è un attore militare nel conflitto ucraino, allineato con Mosca. È un regime che esporta repressione.

Sono sempre più frequenti le notizie di truppe cubane al fianco delle forze russe nell’invasione dell’Ucraina. Cosa può dirci in merito?
Non si tratta di una semplice voce, ma di un dato di fatto, profondamente allarmante. Il regime cubano ha inviato personale militare per sostenere la guerra della Russia in Ucraina, sia direttamente che attraverso ruoli logistici e di addestramento. Alcuni di questi soldati fanno ufficialmente parte di accordi di cooperazione tecnica, ma in pratica sono combattenti in una guerra straniera che non ha nulla a che fare con la difesa di Cuba. È scandaloso che un governo che sostiene di essere a favore dell’antimperialismo partecipi attivamente a una guerra imperialista. Questo dimostra la vera natura del regime dell’Avana: non è solo repressivo in patria, ma anche pericoloso all’estero. Si allinea militarmente con potenze autoritarie e destabilizza la sicurezza internazionale. L’Europa non può più ignorarlo.


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Da tempo lei denuncia la strategia di disinformazione e di manipolazione della memoria collettiva da parte di Cuba. Che cosa comporta?
Il regime cubano è maestro dell’inganno. Per oltre sessant’anni non ci sono state elezioni libere, eppure all’estero la “rivoluzione cubana” è ancora mitizzata. La propaganda ha cancellato le voci dissenzienti, glorificando una rivoluzione che è diventata pura tirannia. La mancanza di libertà, la miseria economica e la repressione quotidiana sono mascherate da una narrazione accuratamente elaborata, che ancora risuona in segmenti della sinistra europea e latinoamericana.

Nel frattempo, i movimenti di opposizione all’interno e all’esterno del Paese continuano a mobilitarsi. Qual è lo stato attuale della resistenza democratica cubana?
La resistenza è viva e organizzata. L’Assemblea della Resistenza Cubana lavora in coordinamento con gli attivisti dentro e fuori l’isola. Costruiamo ponti, formiamo reti e manteniamo viva la speranza. Ma abbiamo bisogno del sostegno internazionale. Stiamo lavorando per creare una struttura per un potenziale governo in esilio, proprio come è successo in Afghanistan. Non è una fantasia: è un’opzione concreta per prepararsi alle conseguenze, perché il regime crollerà.

Esistono scenari realistici per il cambiamento a Cuba?
Sì, ci sono almeno quattro scenari plausibili. Primo, la frammentazione del potere interno: esistono tensioni tra le élite militari, di intelligence e civili. Secondo, il ritorno delle truppe cubane da conflitti stranieri, che potrebbero rafforzare la repressione o unirsi a gruppi criminali transnazionali. Terzo, una transizione instabile guidata da disordini popolari, dall’invecchiamento della leadership e dal calo del sostegno internazionale. Infine, lo scenario peggiore: un ulteriore radicamento autoritario attraverso nuove alleanze con regimi come la Russia e l’Iran.

Lei ha ripetutamente accusato l’Unione Europea di complicità. Cosa chiedete oggi all’Europa?
Chiediamo all’Europa di smettere di finanziare la dittatura. L’accordo di dialogo politico e di cooperazione tra l’UE e Cuba è un errore storico. Non ha migliorato le condizioni dei diritti umani, non ha aperto spazi di libertà – ha solo fornito denaro e legittimità a un regime criminale. Grazie ai nostri sforzi diplomatici, Paesi come la Svezia e l’Estonia hanno chiesto una revisione o la completa cessazione dell’accordo. È un buon inizio, ma non è sufficiente. L’Europa deve ascoltare le vittime, non i carnefici.

In Svezia e in Estonia lei ha ottenuto importanti riconoscimenti politici. Che cosa ha significato per lei, come dissidente, consegnare la bandiera cubana a Mart Laar, il leader della transizione post-comunista in Estonia?
È stato profondamente simbolico. Mart Laar rappresenta ciò che Cuba potrebbe diventare: una nazione libera e democratica integrata nell’Occidente. È possibile. Ma richiede volontà politica. E richiede la volontà dell’Europa. La libertà non si concede, ma va combattuta e sostenuta.

Grazie, dottor Gutiérrez Boronat. Grazie a voi.

Conclusione

Cuba non è solo un problema dell’America Latina, ma anche una questione urgente per l’Europa. Alleato strategico di potenze autoritarie come la Russia e l’Iran, e ora anche coinvolto militarmente nell’invasione dell’Ucraina, il regime dell’Avana rappresenta una sfida crescente agli interessi e ai valori europei. La testimonianza di Orlando Gutiérrez-Boronat lo dice chiaramente: la dittatura cubana non solo reprime il proprio popolo, ma esporta anche repressione e destabilizzazione all’estero.

Il suo appello all’Europa è urgente e diretto. Continuando a sostenere l’Accordo di dialogo politico e cooperazione, l’Unione Europea rischia di legittimare e finanziare un regime che mina attivamente la democrazia, sia all’interno dei suoi confini che a livello internazionale.

Noi de L’Europeista continueremo a seguire da vicino questa vicenda. Perché il modo in cui l’Europa risponde a Cuba è una cartina di tornasole del suo impegno nei confronti dei diritti umani, dei principi democratici e della responsabilità geopolitica. E su questo fronte, il silenzio non è più un’opzione.