21 anni fa la Slovenia nell’UE, oggi GO!2025. Parla Rodolfo Ziberna

Il 1 maggio 2004 la Slovenia faceva ufficialmente il suo ingresso nell’Unione Europea. Il 21 dicembre del 2007 sarebbe entrata anche nell’Area Schengen, lasciandosi alle spalle sessant’anni di valichi di frontiera.
Il grande allargamento ad Est dell’UE , che includeva la nazione balcanica insieme ad altri nove paesi, ha rappresentato l’opportunità storica di sciogliere “la cortina di ferro calata sull’Europa” dopo la Seconda guerra mondiale. Un processo non privo di insidie e difficoltà.
Simbolo di questa riunificazione la città di Gorizia, situata alle pendici dell’altopiano carsico. Con il Trattato di Parigi del 1947 il territorio isontino e il centro abitato di Gorizia vennero tranciati di netto. Divisi dalla frontiera con la Jugoslavia governata allora da Josip Broz Tito.
Accanto a Gorizia sorse la “città gemella” jugoslava, Nova Gorica. I due centri rimasero per anni separati da una recinzione ultra-militarizzata, plasticamente visibile nell’attuale Piazza della Transalpina-Trg Evrope. Nel 2025 le due città sono, insieme, Capitale europea della cultura.
Per capire meglio le ricadute pratiche del processo di integrazione europeo e il percorso che ha portato alla sinergia comune, abbiamo intervistato Rodolfo Ziberna, sindaco di Gorizia dal 2017.

Gorizia e Nova Gorica. Periferie nazionali al centro d’Europa.
21 anni fa la Slovenia entrava nell’UE, e Gorizia poteva riabbracciare Nova Gorica. Da goriziano, che ricordi ha di quelle giornate? e quanto forte era il desiderio di Europa da parte degli sloveni e quanto il desiderio di ricongiungimento con i vicini da parte dei goriziani?
Noi goriziani, prima del 2004, abbiamo impressi nella memoria i ricordi del 1991, quando ci fu la guerra civile che acconsentì alla Slovenia di affrancarsi dalla Repubblica Federativa di Jugoslavia.
Quelli furono momenti devastanti. Seppur per poco tempo, dalla nostra città vedevamo ogni giorno schiere di carri armati darsi battaglia a pochi passi dai nostri confini. Dopo l’indipendenza, è iniziata la corsa della Slovenia verso l’Unione Europea. Una scelta vista da tutti come naturale, considerata l’appartenenza storica del territorio alla mitteleuropa di radice asburgica e cattolica.
Per noi voleva dire ricongiungersi con un territorio separato dalla guerra, e ne siamo sempre stati entusiasti. L’apice dell’ebbrezza mia e dei miei concittadini di ambo le nazioni avvenne tre anni dopo, con l’ingresso sloveno nell’Area Schengen, quando finalmente potevamo attraversare e riattraversare l’ex frontiera senza più limitazioni; memori soprattutto delle ristrettezze del periodo pre-1991 con le Stazioni di frontiera massicciamente militarizzate dagli ufficiali con la stella rossa sul berretto.
Perciò, tutti abbiamo tifato per la Slovenia in Europa e, al momento dell’allargamento, abbiamo stappato la bottiglia buona (ovviamente, Collio Goriziano…) pur consapevoli che avrebbe rappresentato per Gorizia un anno zero. Dopo anni come città emporio con surplus commerciale nei confronti della Jugoslavia, ci toccava ripensarci, attraverso un nuovo approccio nei confronti del mercato unico.
Lei ha toccato due aspetti importanti del nostro discorso. Da una parte la simbolicità della cortina di Piazza Transalpina, e dall’altra la sfida economica dell’armonizzazione dei due territori in un contesto di libero scambio e libera circolazione.
Partiamo da quel luogo iconico, Piazza Transalpina. Unita oggi geograficamente ma non toponomasticamente, visto che in Slovenia viene chiamata Tver Evrope. Premettendo che a mio avviso questa distinzione va mantenuta, al contrario dell’opinione di molti, per suscitare curiosità e attenzione sulla sua storia; il significato che oggi assume quella piazza, divisa da una recinzione fino a pochi anni fa, è impattante. Fino al 2007 rappresentava un luogo non frequentato dai goriziani, perché era una via senza fondo interrotta dal confine, attraverso il quale le persone ben che andasse si vedevano e si giravano le spalle. Oggi invece è una piazza aperta e attraversabile, e incarna in sé lo spirito europeo.
Arrivando agli aspetti economici, sia le comunità di Gorizia che di Nova Gorica hanno dovuto affrontare la mutazione da economie “di confine” a economie di mercato, fenomeno storicamente complicato.
Il venir meno della frontiera ha fatto crollare filiere di società, professioni e produzioni financo manifatturiere. Un esempio lampante è quello della SDAG, piattaforma logistica intermodale pensata nel novecento per erogare servizi per il trasporto transfrontaliero di merci. Senza il confine, era azzerata l’utilità di questa come di mille altre strutture, che rischiavano di diventare “cattedrali nel deserto”. Abbiamo dovuto riconvertire le piattaforme logistiche, confrontandoci non più con uno scenario di demarcazione ma di apertura commerciale. Non posso nascondere che è stato un trauma, soprattutto per un territorio abituato fin dalla nascita di Aquileia ad essere un luogo di transito di persone e merci.
Da non sottovalutare nell’analisi anche gli effetti della desertificazione delle caserme, sacrosanta, successiva alla Caduta del Muro di Berlino, che ha causato un importante calo demografico e una contrazione economica per l’indotto del Friuli Venezia Giulia e della nostra provincia, soglia d’Italia durante la Guerra Fredda.
Il piccolo territorio di Gorizia, nel corso di tutto il novecento, ha subito un susseguirsi di traumi, e la parola d’ordine è stata sempre reinventarsi, e oggi abbiamo la possibilità di reinventarci con Nova Gorica come territorio unico, sommando le nostre potenzialità trasformando la nostra marginalità nelle rispettive nazioni in una centralità continentale, anche grazie alla posizione nodale del nostro territorio.
Vogliamo essere un laboratorio di formazione transfrontaliera, testimoniando come da un confine abbattuto si possano generare opportunità economiche e attrarre investimenti. Le imprese che vengono da noi hanno un approccio occupazionale e strategico propriamente europeo, attingendo da ambo le nazioni.

La chiave del nuovo sviluppo, anche alla luce di GO!2025, è il processo Europeo. Secondo lei, che ha una visione privilegiata in quanto sindaco, che opinione hanno dell’UE i cittadini goriziani e novogoričani dopo aver vissuto con i propri occhi il processo di integrazione?
Il discorso che si può fare è ampio. In generale le persone, in particolare gli italiani, nutrono una certa diffidenza nei confronti delle novità, e l’Unione Europea è stata una grande novità. A mio avviso è stato comunicato male il messaggio, facendo passare l’UE solo come un soggetto iper-regolatore, e un po’ lo è, invece che come entità politica potenzialmente vettore di sviluppo e ricchezza.
La stessa candidatura di Gorizia e Nova Gorica a Capitali europee della cultura venne accolta con molta freddezza da ambo le cittadinanze, a causa dell’errato convincimento che questa iniziativa avrebbe drenato le risorse prima destinate allo sviluppo economico per allocarle in futili spese culturali. Così non è, infatti i preziosi fondi europei, che negli ultimi anni hanno contribuito a far rialzare innanzitutto la Slovenia, sono stati spesi per accendere una luce sul nostro territorio. Poco alla volta i cittadini stanno assorbendo il messaggio europeo, solo dopo aver tastato con mano le opportunità e la ricchezza derivanti dalla nostra dimensione continentale e non frazionaria. Tra i tanti, l’abbattimento di questo pregiudizio è a mio avviso un grande merito dell’iniziativa GO!2025.
In conclusione, come sta andando l’anno di GO!2025, quali eventi significativi animeranno le due città e che messaggio viene dato alle attuali e passate Frontiere d’Europa?
Si metta pur comodo, e cominciamo a far l’elenco… Bando agli scherzi, le città sono stracolme di turisti e visitatori. In ogni angolo delle città si respira GO!25. Fino al 4 maggio saranno aperte l’esposizione di Giuseppe Ungaretti e la mostra di Andy Warhol, che hanno accolto più di 45 mila visitatori, e ogni settimana proliferano attività artistiche, storiche, coreutiche sportive ed enogastronomiche. Dal Giro d’Italia il prossimo 24 maggio fino ai grandi concerti di Giugno e Luglio e Gusti di Frontiera ad ottobre, le due città stanno vivendo e continueranno a vivere un anno splendido e impegnativo. Le attività sono fin troppe, per questo invito tutti a visitare il sito GO!2025 per avere una panoramica più generale.
Rispetto all’indotto economico, faccio due semplici esempi: soltanto per uno dei quattro concerti di quelli che realizzeremo all’Aeroporto Duca d’Aosta la ricaduta netta è superiore ai 25 milioni di euro, mentre nel caso delle mostre il rapporto è 1/16, per ogni milione investito ne entrano sedici. A beneficiare di queste entrate saranno tutto il Friuli Venezia Giulia e tutta la regione slovena della Goriška. Il messaggio per le altre frontiere d’Europa è chiaro: togliamoci dal groppone l’incapacità di conoscere gli altri e scopriamo nuovi orizzonti… e poi, che di cultura si mangia, e si beve, eccome!