Il problema della sinistra con Auschwitz non è quello che dice la Roccella
Che in Italia ci sia una nuova fiammata di odio contro gli ebrei, la quale provoca aggressioni continue e costringe molti di loro a nascondere i segni visibili della propria identità, è un dato di fatto.
Che i crimini di Netanyahu siano solo un pretesto è un altro dato di fatto: oggi solo un lunatico si sentirebbe autorizzato ad aggredire per strada o all’università un siriano, un libico, un turco, un etiope o un russo per punire le malefatte di chi governa il suo paese.
Che i principali autori di queste aggressioni abbiano ormai affiliazioni politiche diverse dal fascismo, è un terzo dato di fatto.
Certo, l’estrema destra continua a nutrirsi anche nel nostro secolo di mitologie antiebraiche, dal “piano Kalergi per la sostituzione etnica” al ruolo demiurgico di Georg Soros.
Ma quegli ambienti, pur continuando a odiare l’idea astratta dell’ebreo, sono tuttavia costretti a provare rispetto per l’israeliano, con il quale credono di condividere la lotta contro l’espansione dell’Islam e il forte senso di appartenenza alla nazione.
Se vogliamo individuare i fanatici che odiano l’ebreo odiando a maggior ragione anche l’israeliano, e dunque sono più propensi a insultarlo e ad aggredirlo, oggi, che ci piaccia o no, dobbiamo guardare all’estrema sinistra dello spettro politico.
La strana ipotesi della Roccella
Questo fatto non è sfuggito alla ministra della famiglia Eugenia Roccella, che ha ben pensato di approfittarne per attaccare la sinistra in quanto nuovo focolare dell’odio antiebraico.
Durante una conferenza dell’Unione delle Comunità Ebraiche, nel goffo tentativo di cattivarsi le simpatie del pubblico, ha formulato una bizzarra teoria su come la cultura di sinistra avrebbe distorto la memoria dell’Olocausto.
In Italia “non abbiamo fatto i conti fino in fondo con l’antisemitismo”, ha sostenuto: e fin qui nessuno può darle torto.
Ma perché non li abbiamo fatti?
Lei se lo spiega così:
“Tutte le gite scolastiche ad Auschwitz che cosa sono state? Sono state gite? Sono state davvero gite? A che cosa sono servite? Sono servite, e sono state incoraggiate e valorizzate, perché servivano esattamente all’inverso: a dirci che l’antisemitismo era una cosa che riguardava un tempo ormai collocato nella storia, un tempo lontano…e collocato in una precisa area: il fascismo”.
Questa affermazione poggia sul presupposto implicito che gli insegnanti delle superiori, e in generale gli addetti alla cultura, tendano ad essere di sinistra, e che abbiano avuto il potere di ridurre la narrazione dell’Olocausto a “fascisti cattivi – comunisti buoni”.
(Un’ipotesi che, paradossalmente, trova una smentita proprio nei viaggi della memoria, nei quali hanno sempre avuto un ruolo determinante anche altri soggetti, dai sopravvissuti alle guide polacche).
“Le gite ad Auschwitz” quindi, secondo la ministra, “sono state un modo per ribadire che l’antisemitismo era una questione fascista e basta, e quindi che il problema era essere antifascisti, non essere antisemiti”.
Sarebbe per questo che “non abbiamo fatto i conti fino in fondo con l’antisemitismo”.
L’assassino è noto. Il movente no
Ora, con buona pace di Roccella, l’Olocausto fu uno sterminio di ebrei pianificato e messo in atto dai nazisti, insieme agli altri regimi dell’Asse e alla galassia di volenterosi aiutanti che trovarono in ogni angolo d’Europa (dalla Serbia alla Norvegia e dalla Francia alla Russia).
Nel commemorare quell’episodio si insiste sulle colpe della destra perché le colpe furono della destra.
Peraltro la destra moderna, per decenni, invece di intavolare un discorso più profondo sulle radici dell’odio antiebraico, ha scelto come strategia difensiva “E allora le Foibe?”.
Adesso è tardi per lamentarsi.
Ciò non toglie che nel racconto di quegli eventi, per come è stato fatto dagli addetti alla cultura (che sono in effetti perlopiù di sinistra), un pericoloso vuoto ci sia stato.
Si è insistito giustamente sull’identità del carnefice (i nazisti e i loro alleati), ma non si è riflettuto abbastanza sull’identità della vittima.
In una parola: perché proprio gli ebrei?
Che cosa ha convinto decine di milioni di persone in tutta Europa che gli ebrei meritassero di essere annientati?
Qual era il movente dell’assassino?
L’odio antiebraico è odio sociale
La risposta la conosciamo bene. Secondo il copione dei falsi Protocolli dei savi di Sion, un secolo fa gli ebrei venivano descritti come un’élite capitalistica internazionale che tramava per dominare il mondo.
Nella Germania del primo dopoguerra, la propaganda dell’estrema destra accusava gli ebrei di essere stati i burattinai dell’Impero britannico e degli USA, i traditori interni del secondo Reich e i creatori della minaccia bolscevica.

Il Mein Kampf, toccando corde che erano state già ben tese dalla moda nietzscheana e irrazionalista di inizio secolo, aggiunse poi a questo mito una verniciatura razzista: una “razza inferiore” stava covando vendetta contro quella “superiore”.
Nel clima esasperato per la crisi del ’29 e per la disoccupazione di massa, l’idea di doversi liberare dall’oppressione di una razza avida e senza patria aveva un potenziale di mobilitazione immenso.
All’Italia di Mussolini, come sappiamo, faceva altrettanto comodo squalificare le democrazie liberali come “plutocrazie giudaiche” e soffiare sul fuoco del “complotto giudaico-massonico”.
In breve, l’odio verso gli ebrei fu prima di tutto un odio sociale. Nascondere questa realtà dietro formule vaghe e generiche (“La paura del diverso”, “Il capro espiatorio” e simili) non la cancella.

Ce l’aveva già detto Marx
Del resto già Karl Marx, in tempi non sospetti (1844), aveva scritto pagine agghiaccianti in cui considerava l’avidità capitalistica come la vera essenza del giudaismo:
“Non cerchiamo il segreto dell’ebreo nella sua religione, bensì cerchiamo il segreto della religione nell’ebreo reale.
Qual è il fondamento mondano del giudaismo? Il bisogno pratico, l’egoismo.
Qual è il culto mondano dell’ebreo? Il commercio.
Qual è il suo Dio mondano? Il denaro.
Ebbene. L’emancipazione dal commercio e dal denaro, dunque dal giudaismo pratico, reale, sarebbe l’autoemancipazione del nostro tempo. Un’organizzazione della società che eliminasse i presupposti del commercio, dunque la possibilità del commercio, renderebbe impossibile l’ebreo. (…) L’emancipazione degli ebrei è la emancipazione dell’umanità dal giudaismo”.
Un cortocircuito per i duri e puri
È evidente il cortocircuito che questa consapevolezza provoca nella sinistra massimalista: quella, cioè, che non ha ancora rinunciato a dividere il mondo in gruppi sociali (o persino razziali) dominanti e gruppi sociali (o persino razziali) oppressi, giustificando qualunque rivolta dei secondi contro i primi.
Il proletario ha il dovere di combattere il borghese. Ma se il proletario è ariano e il borghese è ebreo? E se il proletario è turco e il borghese è armeno?
In quel caso la regola non vale più?
E allora perché dovrebbe valere negli altri casi?
Non ci giriamo intorno: nei maggiori genocidi del ‘900, i perpetratori avevano sempre la sensazione di essere gli oppressi che eliminavano i propri oppressori, di essere la classe povera che liquidava quella benestante.
Gli ucraini, prima dell’Holodomor, erano i contadini più agiati dell’Unione Sovietica.
È un’ovvietà, ma alla sinistra massimalista causa un enorme imbarazzo.
Una memoria incompleta
Ecco, quindi, che nel canone scolastico sull’Olocausto sono stati scelti brani e commenti che rimandano solo a una generica crudeltà dell’essere umano contro altri esseri umani, evitando la spinosa analisi dell’odio sociale contro gli ebrei.
Non è stata una scelta consapevole: è stato un riflesso difensivo inconscio. Ma ha insensibilmente distorto, generazione dopo generazione, la nostra percezione di quegli eventi terribili.
Ci ha impedito, questo sì, di “fare i conti fino in fondo”.
E non con “l’antisemitismo” (concetto già incrostato di quella verniciatura razziale che ne restringe di molto l’applicazione).
Ma con l’antigiudaismo, ovvero con il rancore, stuzzicato ad arte dalla propaganda, contro un nemico immaginario, borghese e cosmopolita, che ha creato “il sistema” per soggiogarci.








