Perché i russi restano in silenzio

perché i russi restano in silenzio
Daria Kryukova
15/10/2025
Frontiere

Mi chiedono spesso: «Ma davvero i russi non sanno e non capiscono cosa sta facendo l’esercito russo in Ucraina?».

Ebbene, la mia risposta è: lo sanno e lo capiscono.
Tutti. O quasi.
Fa eccezione una minoranza marginale di fanatici “Z”, che però resta una piccolissima parte della popolazione.

Tutti i russi sanno e capiscono. Non a caso, dopo l’inizio della guerra, in Russia è esplosa la domanda di libri su come Hitler sia arrivato al potere in Germania, e anche di libri di Orwell.

Il problema non è la mancanza di informazioni, ma cosa succede quando ti rispondi sinceramente “sì” a certe domande, come: – La Russia bombarda i civili in Ucraina? – Ha iniziato questa guerra senza uno scopo nobile, ma per conquista?L’esercito russo commette crimini di guerra?
Appena rispondi “sì”, devi affrontare la domanda successiva: “E adesso?”

E qui nasce il blocco.
Perché il russo medio non può fare niente.
Non parlatemi di proteste: in Russia oggi protestare significa perdere il lavoro, la libertà, o anche la vita. È un gesto eroico, ma quasi impossibile.

E allora, come si vive sapendo che il tuo Stato commette crimini orribili, e che tu non puoi fare nulla?

La verità è che viverci è insopportabile.
Questo sentimento di impotenza ti corrode.
Lo so per esperienza personale: io ho passato quasi tutto il 2022 a piangere. E sono scappata quasi subito.

Per chi invece è rimasto, questo dolore è ancora più acuto. Accettare che il proprio Stato è criminale richiede anche di darsi una risposta alla domanda: “Che fare?”.
Ma non c’è risposta.
Quindi molte persone scelgono l’oblio.
Ho amici che non leggono più le notizie: preferiscono dimenticare che la guerra esista, perché il dolore li distruggerebbe.

Altri si sono rifugiati nel classico “non tutto è così chiaro”, o nel ben noto argomento “e allora l’America?”, ripetuto dalla propaganda. Non perché ci credano davvero, ma perché è l’unico modo per sopravvivere emotivamente.

Quello che vediamo non è ignoranza. È una strategia inconscia di sopravvivenza psichica. La propaganda russa non serve solo a ingannare. Serve a proteggere la psiche collettiva: dà alle persone un racconto più sopportabile, una narrazione secondo la quale non sono complici.
È una forma di autoinganno, sì, ma necessario per molti. Il cittadino medio non può permettersi il lusso del pensiero critico, perché il pensiero critico oggi porta alla disperazione.

Ed è proprio questo il dramma: la guerra ha ucciso non solo corpi, ma anche la capacità morale di resistere.
La Russia contemporanea ha distrutto ogni spazio per l’azione etica individuale.
E senza possibilità di agire, la coscienza finisce anestetizzata, come un corpo in coma farmacologico per non sentire dolore.

Non tutti i russi sono “buoni”. Non tutti sono “vittime”. Ma chi giudica il silenzio della maggioranza senza capire il costo psicologico di questo silenzio, cade in una semplificazione pericolosa.

È facile chiedere coraggio da lontano. Molto più difficile è capire cosa succede quando il coraggio ti può uccidere, e il silenzio è l’unico modo per non impazzire.