Perché la Libia è il fronte meridionale della guerra russa a Ucraina ed Europa

Carmelo Palma
10/07/2025
Poteri

Accettare che le relazioni politiche internazionali seguano uno schema puramente affaristico espone al rischio concreto che, in qualche transazione, il compratore o il venditore si ritrovi, senza neppure accorgersene, sul bancone o nel catalogo delle merci. 

Se poi il mercimonio è fatto con una galassia di organizzazioni criminali dedite al racket migratorio o petrolifero, non ci si può sorprendere che i contoterzisti della nostra sicurezza nazionale, incaricati del lavoro sporco, inizino a giocare sporco pure col facoltoso committente, cioè con noi, quando ne trovino uno ancora più generoso o persuasivo sulle opportunità di guadagno. 

Dunque, nella lunga trattativa Stato-Mafia tra Italia e Libia, intavolata nel 2017 per fermare gli sbarchi, tutto possiamo fare, noi italiani, fuorché sorprenderci che stia salendo vertiginosamente il prezzo del ricatto e il rango criminale dei ricattatori.

Dopo avere affidato la sicurezza dei nostri confini, come recita la stentorea retorica sovranista, a figuri come Bija e Almasri – in Libia i peggio scafisti fanno i capi della guardia costiera e i peggio delinquenti i generali – non devono stupirci le offerte di protezione dei loro omologhi della Cirenaica, diventata la base logistica della Russia nel Mediterraneo e il centro di uno dei tanti sordidi deal negoziati da Donald Trump con Erdogan e Al Sisi in funzione antieuropea.



Meno ancora possiamo stupirci che le offerte di protezione di una ghenga criminale siano fatte nello stile mafioso dell’estorsione e precedute da una eloquente minaccia, come quella di cui è stato fatto suo malgrado latore il Ministro degli interni Matteo Piantedosi, respinto in Italia come ospite non gradito dagli scherani del generalissimo Haftar e dei suoi temibili figlioli.

La politica internazionale impone purtroppo agli statisti la frequentazione di bastardi di ogni risma, ma bisognerebbe avere la cautela che siano loro – come diceva Roosevelt di Somoza – a rimanere i nostri bastardi e non noi a diventare i loro pupazzi, che è esattamente quello che l’Italia (e la gran parte dei Paesi membri dell’Ue), continua a fare lasciando le chiavi dei confini ad alleati mercenari, disposti a vendersi al migliore offerente, in cambio di un comodo e pacifistico disimpegno da aree di crisi che implicherebbero una qualche forma di attivismo politico-strategico.

Volevamo la botte piena degli sbarchi zero e la moglie ubriaca degli scafisti a terra, in cambio di un ragionevole pizzo, sentendoci anche furbissimi per avere trasformato la tratta degli esseri umani in una più stanziale segregazione schiavistica nella galera del deserto.

Il Cremlino ha in mano un rubinetto degli sbarchi

Il risultato è che abbiamo legittimato e lubrificato con una marea di quattrini le rampe di lancio delle bombe migratorie contro l’Italia e l’Europa. Le mafie libiche dovevano fermare i fuggitivi, ora per alzare il prezzo minacciano di sparare gli ostaggi in direzione Nord.

Il campione della viltà strategica e dell’arroganza antiumanitaria, Matteo Salvini dice e ripete da anni che la minaccia per l’Italia e per l’Europa non arriva da est e dai carri armati russi, ma da sud e dai migranti clandestini. Chissà che dirà ora che uno dei rubinetti degli sbarchi – il più minaccioso – ce l’ha in mano direttamente il Cremlino, pure col beneplacito di Trump e che la Libia è diventato il fronte meridionale della guerra di aggressione russa all’Ucraina e all’Europa. Con quale ONG se la prenderà, stavolta?