Pensioni: la verità fa male, ma ignorarla fa peggio

pensioni la verità fa male
Yuri Brioschi
11/10/2025
Interessi

Come ogni anno, tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, l’argomento pensioni torna puntualmente in auge. Perché?

Semplice: è la classica bandierina da sventolare in vista dell’approvazione della Legge di Bilancio per l’anno seguente, che deve essere approvata entro il 31 dicembre.

Negli ultimi vent’anni, abbiamo assistito a ben 7 cambi di normativa dal 2004. C’è chi propone di alzarle, chi propone uscite anticipate, e chi non toccherebbe nulla. Ma chi ha ragione? Per capirlo, dobbiamo guardare i numeri.

Il “Sistema di Ripartizione”: La Base Frantumata

Il nostro sistema pensionistico si fonda sul criterio della ripartizione, dove i contributi dei lavoratori attivi NON finanziano le loro pensioni future, ma finanziano le pensioni dei lavoratori che stanno in quiescenza in quel momento.

Se è vero che i numeri del lavoro mostrano una confortante crescita, la realtà presenta delle crepe significative, a partire da due problemi strutturali:

  1. I Neet: Ben il 15% degli italiani compresi tra i 15 e i 29 anni non studiano e non lavorano. Questo dato ci posiziona come i secondi peggiori in Europa (anche se è drasticamente diminuito rispetto al 24% di prima del Covid).
  2. L’Inferno Demografico: Il vero problema è il nostro inferno demografico (definirlo inverno è riduttivo). Le nascite nei primi 5 mesi del 2025 hanno registrato un calo dell’8% rispetto ai primi 5 mesi del 2024 (un anno già orribile con soli 370.000 nuovi nati e una decrescita del 2,6% rispetto al 2023). La proiezione è drammatica: in meno di 10 anni, avremo 6 milioni di lavoratori in meno.

I Conti dell’INPS: Un Enorme Calderone

Vista la base lavorativa che si assottiglia, andiamo a sviscerare i numeri del sistema.

Per coprire il bilancio dell’INPS, lo Stato usa circa l’80% del gettito IRPEF. Questo significa che gran parte delle tasse pagate dagli italiani (in aggiunta ai contributi previdenziali) serve a finanziare il sistema pensionistico, che rappresenta la maggiore voce di spesa per le casse dello Stato: 337 miliardi nel 2024, il 15,4% del Pil.

Sviscerando il bilancio, troviamo 180 MILIARDI di trasferimenti dalla fiscalità generale (nel 2023 erano stati circa 160 miliardi).
Questi fondi, non coperti dai contributi versati dai lavoratori attivi, servono a finanziare, tra le altre cose:

  • Welfare regionale
  • Bonus di varia natura
  • Pensioni di reversibilità e simili
  • Rivalutazione pensioni all’ISTAT (5 miliardi solo per dare un ordine di grandezza).

Il bilancio INPS è, in sostanza, un enorme calderone dove i contributi pensionistici diretti (che sono già da soli un massacro per i salari) si mescolano a un massiccio intervento statale (pagato tramite ulteriori prelievi sui salari).

Le aliquote e la Coperta Corta


Torniamo ai contributi che alimentano le pensioni.
L’aliquota contributiva in Italia è del 33% sul reddito lordo del lavoratore dipendente (2/3 a carico del datore, 1/3 a carico del lavoratore). Questa è l’aliquota contributiva più alta nei Paesi OCSE.

Da qui la riflessione: alzare le pensioni, come spesso si sente promettere in campagna elettorale, passa necessariamente da tre opzioni:

  1. Aumentare i salari: Idealmente tramite un innalzamento della produttività.
  2. Aumentarle tramite debito: Ma i margini per un nuovo indebitamento sono già esigui (al di là del fatto che è irrazionale indebitarsi per “pagare la bolletta” della spesa corrente invece che per fare investimenti).
  3. Alzare l’aliquota contributiva: Ma i margini, con un’aliquota già al 33%, sembrano inesistenti.

La soluzione più sostenibile, dunque, è un aumento salariale suscitato da una maggiore produttività, ma nel dibattito democratico ogni idea è legittima.

La Pensione Italiana è Davvero “Da Fame”? Un Confronto Eurostat

Le pensioni italiane sono sempre state usate a scopi volgarmente elettorali. L’ultima proposta, ad esempio, quella di “congelare” l’innalzamento dell’età pensionabile, costerebbe 3 miliardi per congelare appena 3 mesi – non esattamente una mossa astuta.

Ma la pensione italiana è così “da fame” rispetto al resto d’Europa? Ci viene in soccorso Eurostat.

Stando all’ultima rilevazione in merito, fatto 100 lo stipendio di un lavoratore, ecco il rapporto con la pensione di un pensionato nei vari Paesi:

PensionatoPensione (su Stipendio = 100)
Tedesco85
Norvegese85
Statunitense85
Italiano95
Francese101

L’Italia, dunque, garantisce un rapporto pensione/stipendio lordo tra i più alti d’Europa.

La Riforma Sostenibile: Il Ruolo della Fornero

Come ho già accennato, in 20 anni ci sono stati ben 7 correttivi al sistema pensionistico che, nel complesso, ne hanno peggiorato la situazione.

Tuttavia, c’è una sola di queste riforme che ha impedito al sistema di saltare in aria: si chiama Legge Fornero.

Elsa Fornero è stata trattata, per mera campagna elettorale, peggio di una criminale, fatta passare come “la nemica degli italiani”. Ogni tentativo di spiegare che la Legge Fornero era, è e sarà l’unica legge strutturalmente sostenibile è stato zittito dal populista di turno.

Eppure, la verità è che se oggi voi prendete la vostra pensione maturata, o avete la speranza di prenderla in futuro, dovete dire grazie ANCHE E SOPRATTUTTO alla Legge Fornero. Ha introdotto un correttivo di sostenibilità essenziale in un sistema che era (e rimane) demograficamente condannato a franare.

Di fronte a questi numeri, la domanda rimane: continueremo a usare le pensioni come merce di scambio elettorale, o affronteremo la realtà con una nuova riforma coraggiosa e orientata alla produttività?