Parte l’iniziativa che nessuno osava proporre: ripristinare le garanzie costituzionali del Parlamento
Chi osa oggi proporre una legge che difende la politica, e non la crocifigge? Chi ha il coraggio di sfidare il giacobinismo dell’antipolitica, che da trent’anni avvelena il rapporto tra cittadini e istituzioni? Chi, in un clima dominato dal sospetto e dal populismo, è disposto a rimettere mano a una garanzia costituzionale demonizzata ma fondamentale?
Da oggi parte una raccolta firme molto coraggiosa, quella per una proposta di legge di iniziativa popolare che prova a rispondere a queste domande: il ripristino dell’articolo 68 della Costituzione nella sua formulazione originaria. Un gesto impopolare, certo. Ma è proprio nella sua impopolarità che risiede il suo valore: quello di affermare che senza un Parlamento libero, autonomo e rispettato, la democrazia rischia di diventare solo una recita. Promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi, e sostenuta con convinzione da L’Europeista e da numerose altre associazioni e personalità del mondo liberale, questa iniziativa vuole riaprire un dibattito maturo e coraggioso sul ruolo delle istituzioni, il rapporto tra poteri dello Stato e la qualità del nostro sistema democratico.
Ma facciamo un passo indietro e spieghiamo tecnicamente la faccenda. L’articolo 68 della Costituzione, nella sua formulazione originaria del 1948, conteneva due garanzie fondamentali: da un lato, l’insindacabilità per le opinioni espresse e i voti dati dai parlamentari nell’esercizio delle loro funzioni – norma ancora oggi vigente; dall’altro, una protezione molto più ampia, eliminata nel 1993, che subordinava ogni misura restrittiva della libertà personale (come arresti, perquisizioni, intercettazioni, custodia cautelare) all’autorizzazione della Camera di appartenenza, salvo i casi di flagranza di reato con arresto obbligatorio o sentenza definitiva. Questa garanzia non era un privilegio individuale, né uno scudo per corrotti, ma uno strumento a tutela della libertà e dell’autonomia del Parlamento, pensato dai costituenti per evitare che il potere giudiziario potesse condizionare o intimidire quello legislativo. Con la riforma del 1993, in piena stagione giustizialista e sull’onda emotiva di Mani Pulite, questa protezione è stata smantellata, rendendo i parlamentari sostanzialmente uguali a qualunque cittadino nei procedimenti penali, ma privando il sistema istituzionale di un importante bilanciamento tra poteri. Ripristinare oggi quella norma significa riaffermare il principio che l’indipendenza del potere legislativo è condizione necessaria per una democrazia compiuta.
La proposta dunque mira a reintrodurre l’obbligo di autorizzazione da parte della Camera di appartenenza prima di poter procedere penalmente contro un parlamentare. Chi vorrà sostenere questa battaglia potrà firmare online in pochi secondi al seguente link:
https://firmereferendum.giustizia.it/referendum/dettaglio/4400002

La procedura è semplice e sicura: basta autenticarsi con SPID o Carta d’Identità Elettronica. Per chi avesse dubbi, la Fondazione Einaudi ha reso disponibile anche un breve tutorial che accompagna passo passo nella firma.
Come tutte le proposte di legge di iniziativa popolare, anche questa non pretende di riscrivere da sola il patto costituzionale. È, piuttosto, un sasso nello stagno. Ma un sasso lanciato con determinazione, per rompere la superficie piatta dell’omologazione populista e aprire una crepa nel muro dell’ipocrisia politica. La democrazia rappresentativa, svuotata nel numero dei suoi rappresentanti e nelle funzioni del Parlamento, ha bisogno di essere difesa e rilanciata, non delegittimata ulteriormente.
Il ripristino dell’articolo 68 è una proposta che parla a chi crede ancora nel primato della politica, nell’autonomia delle assemblee legislative, nella responsabilità istituzionale. In un tempo in cui le inchieste giudiziarie si trasformano in processi mediatici, e il sospetto vale più dell’accertamento, questa iniziativa chiede di fermarsi un momento. Di tornare a pensare, prima che a giudicare. Di scegliere il difficile mestiere della democrazia, al posto della facile via della rabbia.
In un contesto in cui l’opinione pubblica è spesso indirizzata a vedere nelle garanzie un ostacolo alla giustizia, c’è bisogno di ribadire che non esiste giustizia vera senza regole condivise. Non esiste libertà dei cittadini se non esiste libertà dei loro rappresentanti. E non esiste Stato di diritto se i poteri dello Stato non sono in equilibrio.
Per questo L’Europeista sostiene questa battaglia con convinzione. Perché difendere le istituzioni non è un gesto conservatore, ma rivoluzionario. Perché oggi la vera ribellione è dire no al populismo che disgrega, e sì alla politica che costruisce.
Firma, rifletti, diffondi.









