L’Occidente deve tornare a trivellare: la sovranità energetica è la nuova frontiera della libertà

Andrea Maniscalco
04/11/2025
Orizzonti

Un segnale che va oltre l’Italia

Quando la storia si muove, lo fa spesso in silenzio. Così, mentre i riflettori della politica restano puntati sulle dispute climatiche e sulle mode “green” a buon mercato, un segnale di inversione arriva dall’Italia: il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha sbloccato 34 licenze per l’estrazione di petrolio e gas, congelate dal 2022. È un fatto che va ben oltre i confini nazionali.

Il ritorno di Eni, Shell ed Energean nei mari italiani non è soltanto una notizia industriale – è un atto politico, un messaggio strategico. L’Europa ha finalmente compreso che senza energia non c’è sovranità, e che senza sovranità non c’è libertà.

La lezione della dipendenza

Negli ultimi quindici anni, il continente europeo ha costruito la propria prosperità sull’illusione della dipendenza gestita: gas russo a basso costo, forniture dal Nord Africa, e un sistema industriale alimentato da risorse provenienti da regimi illiberali. Il risultato è stato un gigantesco errore di calcolo geopolitico. Quando Mosca ha chiuso i rubinetti, l’Europa ha scoperto di non essere soltanto vulnerabile, ma disarmata.

La guerra in Ucraina, i conflitti nel Medio Oriente e l’instabilità africana hanno reso evidente ciò che molti analisti liberali e conservatori sostenevano da anni: l’autarchia energetica è impossibile, ma la dipendenza da Paesi ostili è suicida.



Un banco di prova per l’Occidente

In questo contesto, la decisione italiana rappresenta un banco di prova per l’intero Occidente.

L’Europa non può continuare a sbandierare la “transizione ecologica” mentre da un lato importa gas liquefatto dagli Stati Uniti — alleato e partner, ma a costi più elevati e con minore prevedibilità — e dall’altro continua ad acquistare carbone e petrolio da Paesi autoritari che finanziano guerre, corruzione e terrorismo.

Una politica energetica sostenibile non nasce dal rifiuto della realtà, ma dalla capacità di governarla.

Trivellare oggi significa riaffermare che l’Occidente vuole restare libero, competitivo e tecnologicamente avanzato, riducendo la propria vulnerabilità economica senza indebolire l’unità politica tra le democrazie.

Sostenibilità e realismo

I progressi compiuti da aziende come Eni, Shell ed Energean dimostrano che è possibile coniugare sicurezza energetica e responsabilità ambientale. Le piattaforme moderne riducono le emissioni, utilizzano tecnologie di monitoraggio satellitare e minimizzano l’impatto sul mare e sul suolo. Continuare a opporsi per motivi ideologici non è ambientalismo: è decrescita mascherata da virtù.

Ogni metro cubo di gas estratto in Adriatico o nel Mare del Nord è un metro cubo in meno acquistato da Mosca o da Algeri. È una forma di libertà tangibile, concreta, fondata sulla responsabilità industriale e sulla dignità strategica.

Perché un’Europa che delega la propria energia a regimi autoritari rinuncia alla sua capacità di decidere, di crescere e, in ultima istanza, di difendersi.

La transizione ha bisogno di basi solide

Naturalmente, la transizione energetica resta un obiettivo legittimo e necessario. Ma la strada che conduce a un futuro rinnovabile passa per la sicurezza del presente. Senza una base solida di gas e petrolio nazionali — o comunque occidentali — nessuna tecnologia verde potrà essere davvero scalabile. Le rinnovabili hanno bisogno di una rete stabile, di materie prime e di risorse che solo una filiera energetica autonoma può garantire.

L’idea di poter dismettere in pochi anni il gas o il petrolio senza alternative reali è una fantasia pericolosa, e l’Europa l’ha già pagata a caro prezzo.

Il nuovo realismo occidentale

Il ritorno delle trivelle, dunque, non è un ritorno al passato, ma un passo verso il futuro. È il riconoscimento che la sovranità energetica è parte integrante della sovranità democratica. Mentre la Cina investe massicciamente nel nucleare e negli approvvigionamenti africani, e la Russia si lega all’Asia in una nuova alleanza delle autocrazie, l’Occidente deve riscoprire il valore della propria indipendenza materiale.

Un continente che non produce la propria energia finirà per importare anche le proprie decisioni politiche.

Tornare a trivellare non significa abbandonare l’ambiente, ma liberarsi dall’ipocrisia di chi predica la sostenibilità comprando petrolio dal Golfo Persico.

Significa difendere la libertà di scelta, l’autonomia industriale e la sicurezza delle nostre società aperte. È, in altre parole, un atto di autodeterminazione occidentale. Le trivelle che torneranno a lavorare nei mari italiani e nel Mare del Nord non sono simboli del passato: sono gli strumenti di un nuovo realismo. Perché l’indipendenza energetica è oggi la forma più concreta e urgente di libertà politica.


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