Macron-Lecornu: fuggire la realtà sotto i colpi della crisi

Sofia Fornari
15/10/2025
Poteri

La Francia dell’ ottobre 2025 è un paese sospeso, intrappolato in una crisi politica che ha visto tre governi crollare in pochi mesi. Al centro di questo caos risuona sempre più forte il discorso dell’ex premier François Bayrou all’Assemblea Nazionale, l’8 settembre 2025, «Potete rovesciare il governo, ma non potete cancellare la realtà».

Le sue parole, pronunciate mentre il suo governo cadeva sotto una mozione di sfiducia (364 voti contro), illuminano l’impasse odierna: un parlamento logorato, incapace di scelte coraggiose, e l’effimero susseguirsi dei governi Lecornu, che oggi si piega alla demagogia fiscale pur di sopravvivere. Bayrou, tentando disperatamente di imporre un bilancio di austerity per domare il debito pubblico, aveva sfidato la realtà fiscale. La sua caduta, seguita dai due governi Lecornu, certifica il rifiuto della Francia di affrontare verità scomode.

Macron e il disastro delle elezioni anticipate

La crisi affonda le radici nella scelta di Emmanuel Macron di sciogliere il parlamento nel 2024, dopo la disfatta alle elezioni europee. Il presidente, più concentrato sul prestigio internazionale che sui problemi interni, ha consumato primi ministri a ripetizione: Michel Barnier, estromesso per divergenze sul bilancio; Bayrou, travolto dalla stessa questione; e ora Lecornu, fedelissimo costretto a guidare due governi in un mese. Il primo tentativo di Lecornu, nominato dopo Bayrou, è durato solo 26 giorni, fino al 6 ottobre, con un governo azzoppato in partenza a causa della sua composizione ripetitiva.

Rinominato l’11 ottobre, Lecornu ha ceduto alle pressioni il 14 ottobre, annunciando la sospensione della riforma pensionistica del 2023 fino al 2027, una mossa che tradisce il monito di Bayrou, scegliendo la convenienza politica sulla realtà.



Riforma delle pensioni: cedere per sopravvivere oggi, ma domani?

La riforma delle pensioni del 2023, fiore all’occhiello di Macron, innalzava l’età pensionabile da 62 a 64 anni entro il 2030 e aumentava i contributi per la pensione piena. Concepita per affrontare il debito e l’invecchiamento demografico, è diventata il bersaglio della rabbia popolare. Lecornu, sospendendo l’aumento dell’età fino al 2028 e bloccando l’estensione dei contributi, ha optato per un rinvio che costa 400 milioni di euro nel 2026 e 1,8 miliardi nel 2027, a favore di 3,5 milioni di lavoratori ma a scapito del futuro. Una concessione per placare i 69 deputati socialisti e neutralizzare le mozioni di sfiducia di Rassemblement National e France Unbowed, che ignora il richiamo di Bayrou a non sfuggire alla realtà.

Socialisti e Lecornu: la paura di scegliere

Il Partito Socialista, un tempo alfiere del riformismo, si è piegato alla demagogia, esigendo il blocco della riforma come prezzo per non votare la sfiducia. Questa timidezza tradisce il monito di Bayrou: in una società che invecchia, con pensioni che pesano sui bilanci e un debito in crescita, rinviare le scelte è un’illusione. I socialisti privilegiano il consenso elettorale all’equità tra generazioni, mentre Lecornu si limita a sopravvivere, con una concessione che non è strategia, ma tattica per evitare il collasso. Sui social, c’è chi parla di un prevedibile “Giorno della Marmotta” parlamentare, con Lecornu che ripete errori e i socialisti che fingono indignazione, mentre il debito cresce.

Macron: tra grandezza estera e Caos interno

Macron ha molto da rimproverarsi. Preso dai suoi viaggi internazionali—summit su Ucraina o Gaza, discorsi sull’Europa—ha trascurato la Francia, dove il suo gradimento è al 14%. La sua scelta di sciogliere il parlamento ha prodotto un’Assemblea senza maggioranza, solo veti incrociati. Il sistema francese, pensato per un esecutivo forte, si inceppa con un presidente al capolinea, impossibilitato a candidarsi nel 2027. Imponendo la riforma pensionistica per decreto, senza consenso, Macron ha acceso la crisi; ora, la sua attenzione al prestigio estero lascia l’incendio interno senza controllo. Come direbbe Giulio Andreotti: “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia“. Macron e Lecornu, aggrappati al potere, scelgono di galleggiare invece di affrontare la tempesta, ignorando il monito di Bayrou.

Governo tecnico: seduti sul fiume in attesa della piena

Il risultato è un “galleggiamento nazionale”, un governo tecnico che si limita a sopravvivere fino al 2027. Il nuovo gabinetto di Lecornu, un misto di tecnocrati e fedelissimi, non ha grandi ambizioni: solo resistere, con mosse come il blocco delle pensioni e vaghe promesse di austerity. Ma la vera piena—crisi fiscale, proteste sociali, elezioni—si avvicina.

La Francia, patria dell’Illuminismo, si rifugia nel rinvio: perché affrontare la realtà, quando si può rimandarla? Il discorso di Bayrou resta una bussola: si possono abbattere governi, ma il conto di debiti, demografia e divisioni non si cancella.

La realtà non aspetta

In questa crisi, emerge una verità scomoda. La politica, come direbbe Hannah Arendt, vive di possibilità, ma in Francia è diventata l’arte di sfuggire al reale. I socialisti si piegano al populismo, Lecornu si arrende per sopravvivere, Macron si perde nei suoi sogni di grandeur. Mentre la repubblica barcolla, la domanda è se la piena spazzerà via non solo i governi, ma anche le illusioni che li tengono a galla. Perché, come avvertì Bayrou, la realtà non si cancella.


Casa Europa