Le pandemie non hanno confini: perché il governo italiano sbaglia

L’Organizzazione mondiale della sanità ha proposto un piano globale per preparare il mondo alle prossime pandemie. Un patto internazionale che punta a creare un sistema coordinato per prevenire, rispondere rapidamente, condividere dati essenziali e garantire equità nell’accesso a cure e vaccini.
Un’iniziativa che ha ottenuto il sostegno di 124 Paesi. L’Italia ha però deciso di astenersi. E non è la sola: anche Russia, Bulgaria, Iran e altri 8 Stati hanno scelto di non firmare.
Una decisione che, oltre a sollevar perplessità, ha lasciato l’amaro in bocca a molti. Non soltanto tra gli esponenti sanitari, ma anche tra i cittadini che ricordano bene cos’abbia significato vivere nel cuore di una pandemia senza precedenti.
L’Oms non intende sostituirsi ai governi, ma costruire una rete di collaborazione globale.
La lezione del Covid
Lo abbiamo imparato a caro prezzo poiché nessun Paese è in grado di gestire da solo un’emergenza sanitaria mondiale. Il Covid-19 ha attraversato Continenti senza chiedere il permesso, ha bloccato economie, isolato persone e messo in ginocchio i sistemi sanitari. Chi si oppone all’accordo solleva il tema della sovranità nazionale. E ci risiamo: come sempre, appena si parla di collaborazione internazionale scatta la paura di cedere potere.
Eppure un po’ di sovranità condivisa, in nome del bene comune, farebbe bene a tutti noi.
Ma niente da fare: per alcuni questa è una storia che non si può nemmeno raccontare. Temono che accettare un piano globale significhi doversi piegare in futuro a decisioni prese altrove, senza possibilità di replica. Un timore che rasenta l’assurdo.
Nel 2020 fu proprio l’Oms a dichiarare l’emergenza globale e poi la pandemia, quando ancora molti governi minimizzavano. Fu una voce autorevole e tempestiva. L’Italia, tra i primi Paesi colpiti, ricevette supporto tecnico e aiuti concreti grazie a quella rete di cooperazione. Non riconoscere oggi quel ruolo non soltanto è una mancanza di riconoscenza ma pure un errore strategico. Scegliere di restare fuori da un accordo così importante significa, in concreto, rinunciare ad avere voce in capitolo nei prossimi scenari d’emergenza. Meno informazioni, meno risorse, meno accesso prioritario a vaccini e cure con il rischio di trovarsi di nuovo in fila, come accadde nel 2020 quando iniziò la corsa globale ai vaccini.
I virus non conoscono frontiere
Anche sul piano interno, questa scelta manda un messaggio egoistico: preferiamo la logica del “prima noi” a quella del “insieme”. Ma i virus non conoscono frontiere e pensare di difendersi chiudendosi è un’illusione perché i veri strumenti di difesa si costruiscono solamente attraverso la cooperazione. Molti analisti leggono dietro questo rifiuto motivazioni più politiche che sanitarie e in un clima internazionale segnato dal ritorno dei nazionalismi e della retorica identitaria ogni accordo globale viene visto con sospetto. Ma la salute pubblica è una sfida che non si vince a colpi di slogan: si affronta con scienza, con responsabilità e con visione.
Il Covid ci ha tolto tanto: affetti, libertà, sicurezza. Ma ci ha anche insegnato che non possiamo più permetterci di farci trovare impreparati. Oggi che il peggio sembra alle spalle, rischiamo di dimenticare. E dimenticare è il primo passo verso l’errore. L’Oms forse non è un organismo perfetto, ma è l’unico che può coordinare una risposta globale alle pandemie. Voltargli le spalle ora sarebbe un errore giacché l’Italia ha già pagato un prezzo altissimo, per questo ha il dovere – e l’interesse – di essere parte attiva. Non da sola, ma insieme al resto del mondo.