La Campania riconosce la fibromialgia come malattia invalidante. Abbate: “Atto di giustizia per migliaia di cittadini”
Con voto unanime, il Consiglio regionale della Campania ha approvato due giorni fa il Testo Unificato per il riconoscimento della fibromialgia come patologia cronica e invalidante, segnando un passaggio di grande rilievo nella politica sanitaria italiana.
A promuovere e sostenere con tenacia il provvedimento è stato il consigliere regionale Luigi “Gino” Abbate, medico e membro della Commissione Sanità, che da tempo si batte per rafforzare l’integrazione tra sanità pubblica, ricerca e tutela dei diritti dei pazienti cronici.
Una legge che colma un vuoto nazionale
Il riconoscimento approvato in Campania non è solo un atto amministrativo: rappresenta una scelta politica e culturale in un Paese dove la fibromialgia — una sindrome complessa, cronica e spesso invalidante — attende da anni un riconoscimento pieno a livello nazionale.
Nonostante l’Istituto Superiore di Sanità e l’Agenzia Italiana del Farmaco abbiano più volte ribadito l’importanza di definire percorsi omogenei di diagnosi e cura, il Ministero della Salute non ha ancora inserito la fibromialgia nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), lasciando alle Regioni la possibilità di muoversi in autonomia.
La Campania si aggiunge così alle esperienze già avviate in Lombardia, Toscana, Veneto, Emilia-Romagna e Sicilia, dove negli ultimi anni sono stati approvati provvedimenti simili per istituire PDTA (Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali) e registri regionali. Ma con questo voto, la Regione guidata da Vincenzo De Luca si colloca tra le realtà più attive, anche per la scelta di legare il riconoscimento della malattia a strumenti strutturali di monitoraggio, formazione e ricerca.
Fibromialgia, una malattia invisibile che chiede voce
Secondo le stime più recenti dell’OMS e della European Alliance of Associations for Rheumatology (EULAR), la fibromialgia colpisce tra il 2% e il 4% della popolazione europea, con una netta prevalenza femminile.
In Italia si stimano oltre due milioni di persone affette, spesso costrette a peregrinare tra specialisti, esami e diagnosi tardive — in media oltre due anni e mezzo secondo i dati AISF (Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica).
La malattia è caratterizzata da dolore muscolare diffuso, affaticamento cronico, disturbi del sonno, alterazioni cognitive e ipersensibilità ai farmaci, con un forte impatto psicologico e lavorativo. L’assenza di un riconoscimento formale ha finora impedito a molti pazienti di accedere a esenzioni, tutele previdenziali e programmi riabilitativi mirati.
Il contenuto della legge campana
Il Testo Unificato approvato in Campania istituisce percorsi diagnostico-terapeutici personalizzati, garantendo l’accesso a équipe multidisciplinari formate da reumatologi, neurologi, fisiatri, psicologi e nutrizionisti.
Nascono inoltre l’Osservatorio regionale sulla fibromialgia e il Registro regionale, con il compito di raccogliere dati clinici e sociali per migliorare la conoscenza della patologia e orientare le politiche sanitarie.
La norma prevede anche fondi per la ricerca scientifica e programmi di formazione del personale sanitario, in linea con le raccomandazioni europee sull’approccio integrato alle malattie croniche.
“Con questo atto – ha dichiarato Abbate – la Regione Campania riconosce concretamente le difficoltà di migliaia di cittadini, offrendo loro un sistema di tutela e assistenza più giusto ed efficace.”
Un’affermazione che riassume bene lo spirito della legge: spostare il paradigma dalla malattia invisibile al diritto visibile alla cura.
Il quadro europeo e la sfida italiana
In Europa, l’attenzione alla fibromialgia è ormai parte delle politiche di salute pubblica. Paesi come Germania, Spagna e Danimarca hanno inserito la sindrome tra le condizioni croniche riconosciute dai rispettivi sistemi sanitari, garantendo accesso a percorsi multidisciplinari e misure di sostegno socio-lavorativo.
La Commissione europea ha finanziato, nell’ambito del programma EU4Health, diversi progetti di studio sul dolore cronico e sulla qualità della vita dei pazienti fibromialgici, considerandola una sfida emergente per i sistemi di welfare.
La Campania, con questa legge, si muove in sintonia con l’Europa, ma anche in anticipo sull’Italia: offre un modello concreto di governance sanitaria territoriale, centrata sulla persona e non sulla patologia isolata. È un esempio di “regionalismo virtuoso”, in cui la Regione esercita pienamente la propria autonomia per colmare un ritardo nazionale.
L’impronta di Gino Abbate
Negli ultimi mesi, Abbate ha legato il proprio nome a una serie di iniziative che condividono la stessa filosofia: integrazione, multidisciplinarietà, e centralità del paziente.
Dalla legge sulla psico-oncologia e l’onco-riabilitazione a quella sulla fibromialgia, il suo approccio si distingue per un tratto di medico riformatore più che di politico di parte.
Ha saputo trasformare battaglie sociali in testi normativi chiari, pragmatici e coerenti con i modelli europei di sanità pubblica.
Una svolta di civiltà sanitaria
Con l’approvazione di questa legge, la Campania riconosce che il dolore invisibile è dolore reale — e che la sanità pubblica deve saperlo accogliere.
È un passo avanti non solo per i pazienti fibromialgici, ma per l’intero sistema sanitario italiano, che ha urgente bisogno di un nuovo umanesimo clinico, capace di coniugare scienza, empatia e responsabilità istituzionale.
La speranza, ora, è che il Parlamento segua l’esempio delle Regioni e traduca questo impegno in una legge nazionale: perché il diritto a non essere dimenticati non dovrebbe dipendere dal luogo in cui si vive.








