Frontiere aperte, politiche chiuse: Un’Europa vulnerabile tra droga, migrazione e inerzia strategica

Riccardo Lo Monaco
07/07/2025
Interessi

La libera circolazione delle persone è uno dei risultati più emblematici del progetto europeo. Ha trasformato un continente diviso in uno spazio aperto dove i cittadini possono viaggiare, lavorare e studiare senza confini. Ma mentre le barriere fisiche sono cadute, le politiche – soprattutto in materia di sicurezza, immigrazione e criminalità organizzata – rimangono prevalentemente nazionali. Il risultato è un’Europa vulnerabile: aperta in linea di principio, esposta nella pratica.

Secondo le ultime stime, il mercato europeo delle droghe supera i 30 miliardi di euro l’anno e in Italia – paese di destinazione, distribuzione e consumo – vale almeno 16 miliardi di euro. Questa cifra riflette non solo l’entità del fenomeno, ma anche l’assenza di una strategia europea coerente. Criminalità organizzata, traffico di esseri umani e instabilità migratoria si alimentano a vicenda. E finora l’Unione non è riuscita a rispondere con la forza e l’unità che la situazione richiede.

Il fattore tedesco: Politica interna, conseguenze esterne

Al centro del problema c’è la Germania. Grazie alla sua posizione geografica, ai suoi nove confini aperti e a un approccio progressivamente permissivo nei confronti delle droghe leggere, Berlino è diventata uno dei principali punti di ingresso e di distribuzione di cocaina ed eroina in Europa. I porti settentrionali – Amburgo, Bremerhaven, Wilhelmshaven – sono porte d’accesso consolidate per le reti criminali transnazionali. Ma ciò che entra in Germania raramente vi rimane. L’assenza di controlli efficaci, unita alla frammentarietà della legislazione europea, permette alla droga di circolare liberamente nel continente.

Secondo l’Ufficio federale di polizia criminale tedesco, nel 2023 quasi la metà degli ingressi illegali in Germania è avvenuta attraverso la Polonia e il 29% attraverso l’Austria. Il traffico è diffuso, organizzato, invisibile. E l’onere ricade su altri Stati: L’Italia e l’Austria si trovano ad affrontare un aumento dello spaccio urbano, una pressione sui servizi pubblici e tensioni sociali.


Italia: Logistica, consumo e controllo penale

L’Italia non è uno spettatore. È un hub logistico e un mercato finale. La ‘Ndrangheta – secondo Europol – controlla fino all’80% del traffico di cocaina in Europa, gestendo alleanze chiave con i cartelli sudamericani. I porti di Gioia Tauro, Genova, Napoli e Livorno sono nodi strategici. Le reti criminali, sia italiane che straniere, operano con grande efficienza, mentre le città lottano con un visibile degrado: Tor Bella Monaca, San Siro, Scampia sono diventati simboli di una crisi non solo locale.

Il consumo di droghe è in aumento: oltre il 40% degli adolescenti tra i 15 e i 19 anni ha provato almeno una sostanza illegale. Nel 2023, l’Italia ha registrato oltre 8.500 ricoveri ospedalieri per overdose. La cocaina è oggi la principale sostanza per la quale viene richiesto il trattamento.

Migrazione e tratta: Una reazione a catena

Le stesse reti che controllano droga e armi sono profondamente coinvolte nel traffico di esseri umani. Nel 2023, in Italia sono state identificate circa 6.000 vittime, la maggior parte delle quali donne e minori. Le rotte balcaniche e mediterranee restano vulnerabili. E la pressione sta aumentando.

Anche in questo caso, il ruolo della Germania è evidente. Nell’ultimo decennio – in particolare sotto i governi Merkel – la Germania ha adottato un approccio accogliente alla migrazione, soprattutto durante la crisi dei rifugiati del 2015. A questa scelta, umanamente motivata, non è mai corrisposto un quadro di coordinamento europeo applicabile. Oggi Berlino rafforza i controlli e aumenta le deportazioni, ma l’onere viene trasferito ad altri Paesi: Austria e Italia si trovano ora ad affrontare un aumento delle richieste di asilo e disordini locali.

L’Europa di cui abbiamo bisogno

Il problema non è la Germania in sé, ma l’idea che i grandi Stati possano agire unilateralmente, decidendo da soli ed esternando le conseguenze. In un’Unione con confini interni aperti, non esistono più “problemi nazionali”. Abbiamo bisogno di politiche europee condivise, vincolanti e responsabili. Abbiamo bisogno di una strategia integrata in materia di droga, sicurezza e migrazione, basata su intelligence condivisa, giustizia transfrontaliera, pattugliamenti congiunti e legislazione armonizzata.

Finché ogni Paese agirà da solo, l’Europa rimarrà forte nei principi e debole nella pratica.
Quando Berlino cambia rotta, Roma ne paga il prezzo
. E Bruxelles resta a guardare.

L’Europa politica che ancora manca

Il traffico di droga e lo sfruttamento umano non sono emergenze temporanee, ma sfide strutturali in un continente aperto e fragile. Non servono più dichiarazioni o coordinamenti simbolici, ma una vera governance europea, con strumenti comuni, capacità operative e legittimità politica.

L’alternativa è chiara: uno spazio senza confini governato da interessi criminali e agende nazionali frammentate. Un’Unione di Stati che condividono gli oneri ma non le risposte.
Ecco perché abbiamo bisogno di un’Europa più politica, più unita, più capace.