Davvero i giovani ucraini vengono rapiti per strada dai militari?

Negli ultimi mesi, sono diventati virali sul web alcuni video di uomini in uniforme militare che si impadronivano con la forza di civili ucraini, prelevandoli durante un concerto o durante una passeggiata con il cane. Altri filmati mostravano donne che protestavano contro l’arruolamento coatto dei loro familiari.
Sui canali social controllati dal Cremlino o dai suoi alleati, come Telegram e Tiktok, questi video hanno ottenuto decine di milioni di visualizzazioni, alimentando un’intera leggenda propagandistica: l’Ucraina sarebbe talmente disperata e a corto di soldati da dover rapire a tradimento le nuove reclute, e peraltro, così facendo, si mostrerebbe più spietata della Russia, dove invece la maggior parte dei combattenti va al fronte per propria scelta. “Altro che democrazia contro dittatura”.
Ma quali sono i fatti dietro questa leggenda?
Un fenomeno circoscritto
Nel linguaggio colloquiale, gli ucraini hanno inventato la parola “busificazione” per indicare quel che fanno talvolta le pattuglie di reclutatori: fermano per strada gli uomini in età di leva con la scusa di controllare i loro documenti di esenzione dal servizio militare (e fin qui niente di strano), ma poi, se il malcapitato non ha i documenti con sé, ne approfittano per caricarlo subito su un bus e spedirlo al campo di addestramento.
Gli episodi di “busificazione” filmati e diffusi sui social sono stati meno di una decina, ripresi da diverse angolature per fingere che fossero di più. Ma sono bastati per esasperare gli ucraini, che associano queste pratiche a un passato sovietico che non vogliono più rivivere.
A parte i casi clamorosi di “busificazione”, l’anno scorso il Garante dei Diritti ha ricevuto circa 4.000 ricorsi contro gli abusi degli ufficiali preposti al reclutamento. In sé può sembrare un numero alto, ma in proporzione riguarda appena l’1% dei soldati arruolati nel 2024 e lo 0,4% dei soldati arruolati dal 2022.
Certo, può venire il sospetto che migliaia di nuove reclute abbiano avuto paura di denunciare gli abusi che avevano subito, e quindi abbiano preferito tacere. Ma gli stessi ufficiali dell’esercito incoraggiano a parlare, e si mostrano critici verso i loro colleghi dei centri per l’arruolamento: sanno che un soldato, se è stato prelevato con la forza e maltrattato, nel momento del pericolo è più incline a disertare o perfino a vendicarsi passando informazioni al nemico.
Sono loro, quindi, i primi a non volere uomini spediti al fronte con metodi brutali.
La reazione della politica: tra buonsenso e populismo
La Verkhovna Rada, ossia la camera bassa del Parlamento, ha dovuto reagire a queste pressioni dell’esercito, oltreché, ovviamente, all’ondata di indignazione popolare che si è sollevata dopo l’uscita dei video, soprattutto nei piccoli centri rurali delle regioni lontane dal fronte, dove le notizie sul conflitto (per quanto assurdo possa sembrare) arrivano più da Tiktok che da fonti di prima mano.
Così, il 12 marzo è stata approvata una legge che aumenta fino a otto anni di carcere le pene per chi arruola un uomo irregolarmente. Da giugno, poi, la Rada ha deciso di nominare un Garante dei Diritti solo per l’ambito militare.
Il dibattito non è stato privo di eccessi populisti. Ci sono stati parlamentari che, pur di cavalcare la collera popolare, hanno proposto di far vestire il personale degli odiati centri di arruolamento con un’uniforme riconoscibile e diversa da quella dell’esercito, che invece (per ovvie ragioni) è molto amato.
A mezza bocca, c’è chi ha ribattuto che, se le categorie odiate dalla gente dovessero indossare uniformi apposite, i politici dovrebbero essere i primi…
La Rada non ha pensato, però, solo a punire chi fa il “forte coi deboli”, ma anche chi fa il “debole coi forti”, ossia quei centri di arruolamento e quelle Commissioni Mediche Militari che hanno risparmiato la leva a diversi cittadini in cambio di ricompense sottobanco.
Una forma di corruzione che agli ucraini ricorda ancora una volta la Russia e la mentalità sovietica. Per averne la riprova basta chiedersi: quanti moscoviti e pietroburghesi, in questi anni, sono andati in trincea? Lo 0,3% di quelli in età di leva, nonostante la grande mobilitazione del 2022 e altre tre mobilitazioni annuali.
Di fatto, le famose file per arruolarsi, che stanno riempiendo i battaglioni di Putin con oltre 30.000 combattenti al mese, sono file di poveri delle regioni periferiche, come il Caucaso o la Siberia, dove il bonus di arruolamento di 22.000 euro equivale a quattro o cinque anni di stipendio.
Hanno fatto parlare di sé anche le finte agenzie matrimoniali per le “vedove nere”, ossia le donne russe intenzionate a sposare un uomo che sta andando a morire in Ucraina per intascare il favoloso risarcimento di 89.000 euro.
In breve, per i russi è normale che la guerra venga fatta solo da chi non ha soldi e non ha agganci. E gli ucraini non accettano che diventi normale anche per loro.
Il punto di vista di chi lavora nei centri
La stretta sulle Commissioni Mediche Militari non è stata il primo intervento della Rada ucraina sui criteri per l’esenzione dalla leva militare. Nei primi mesi dell’invasione totale bastava dimostrare di avere un parente qualunque con disabilità per essere risparmiati: perciò, come era prevedibile e forse inevitabile, scattò la caccia a prozii e cugini di terzo grado, finché dopo qualche tempo le autorità non fecero marcia indietro restringendo il perimetro ai familiari stretti.
Conoscendo queste continue difficoltà, nella società ucraina c’è anche chi spezza una lancia in favore dei centri per l’arruolamento.
Dopotutto, convocare e inviare alle giuste unità più di un milione di persone è stato uno sforzo logistico notevole. Per quei centri, inoltre, non sono passati soltanto coloro che attualmente indossano l’uniforme, ma anche tutti gli altri cittadini maschi tra i 25 e i 60 anni, che hanno dovuto comunicare i loro dati, il loro indirizzo e il loro numero di telefono per essere potenzialmente richiamati. Se escludiamo quelli fuggiti all’estero nei primi mesi dell’invasione totale, si tratta di quasi 9 milioni di uomini.
Ebbene, chi difende gli ufficiali dei centri sostiene che ad essere prelevati con la forza non siano stati uomini esentati dalla leva, ma semplicemente uomini che avevano evitato di presentarsi per comunicare i loro dati e i loro recapiti. Dunque, sulla carta, renitenti e fuorilegge.
Un dettaglio non di poco conto è che per gestire una struttura così complessa, in un momento nel quale gli ufficiali giovani servivano disperatamente in prima linea, il governo ucraino ha dovuto richiamare in servizio dei vecchi ufficiali ormai in pensione: uomini nati e cresciuti sotto l’Unione Sovietica, formati sui manuali militari sovietici, abituati alla gerarchia sovietica e poco sensibili alle libertà occidentali.
A questi si sono aggiunti gradualmente migliaia di feriti e mutilati che, tornati dalla prima linea, stanno proseguendo in ufficio il loro servizio.
Ora, si intuisce che entrambi questi gruppi umani non abbiano un’opinione lusinghiera su quei cittadini che “hanno fatto i furbi” e non si sono presentati al centro di arruolamento per comunicare i propri recapiti.
Se ad essere “busificati” fossero questi ultimi, la legge potrebbe fare ben poco per aiutarli.
I sentimenti imprevedibili che prova un popolo europeo in guerra
Dunque, per una parte della società ucraina questi episodi, anche se non giustificabili, sono quantomeno comprensibili.
Così come, a parti invertite, viene ritenuta comprensibile anche se non giustificabile la diserzione: senza grandi patemi, i 132.000 disertori che figuravano all’inizio dell’anno sono stati invitati dal governo a rientrare nelle loro unità senza nessuna punizione, e il 30% di loro l’ha già fatto.
Questa fluidità può apparire strana a chi ha un’idea della guerra ferma al ’15-’18, con gli imboscati, le decimazioni, le fucilazioni e tutto ciò che raccontavano i nostri bisnonni.
Ma gli ucraini, lo ripetiamo, hanno una sensibilità europea e abitudini di vita moderne. Non demonizzano sentimenti come la paura o il desiderio di restare accanto ai propri cari.
I nostri bisnonni del ’15-’18, ad esempio, avrebbero trovato assurdo un esercito con un’età media di 45 anni come quello ucraino, dove gli uomini maturi vanno in guerra per tenere al sicuro le vite dei ragazzi.
Ma per la sensibilità europea moderna è una cosa normale e, anzi, sarebbe disumano il contrario (a proposito: nell’armata russa l’età media è 35 anni).
Non dimentichiamo, poi, che gli ucraini hanno un accesso costante alle informazioni su quello che succede nel mondo e seguono in tempo reale le paranoie elettorali degli alleati occidentali, dalle quali dipendono il loro equipaggiamento, la loro intelligence e il loro rischio maggiore o minore di morire.
Un amico ucraino mi ha detto con franchezza: “Tutti vogliamo difendere la nostra patria, ma non tutti siamo disposti a difenderla a mani nude”.
Insomma: quando la società ucraina si sente abbandonata dall’Occidente diventa più tenera verso i disertori, ma in certi casi lo diventa anche verso i reclutatori, che devono svolgere il loro lavoro in un clima di sconforto collettivo.
Quando invece si riesce a mettere in crisi la Russia, come durante l’incursione a Kursk o l’operazione Ragnatela, la speranza si risolleva e arruolare nuovi uomini diventa più semplice.
Dalla guerra mediatica dipende l’afflusso di soldati per la guerra fisica, ed è per questo che personaggi come il presidente Zelensky o il capo dei servizi segreti Budanov organizzano periodicamente operazioni “psicologiche” o “politiche” dal dubbio valore bellico, attirandosi il disprezzo di esperti ed analisti militari in mezzo Occidente.
Certo, se la guerra fosse una partita a scacchi o a Risiko, quegli esperti ed analisti avrebbero ragione da vendere.
Ma la guerra è altro. La guerra è la mobilitazione di un popolo che viene spinto a rischiare la vita. E, quando si tratta di un popolo europeo del terzo millennio, la mobilitazione deve fare i conti con l’innato senso della propria dignità, con l’aspettativa di una vita lunga e con la diffidenza verso la gerarchia che contraddistinguono qualunque europeo del terzo millennio.
Gli ucraini non si fanno spostare come pedine su una scacchiera o come carrarmatini su una plancia.
E questo è un motivo in più, non un motivo in meno, per stare dalla loro parte.