Cipro e il ritorno dell’idea federale
Per la prima volta dopo molti anni, a Nord di Nicosia si parla di nuovo di federazione. La vittoria di *Tufan Erhürman, leader del Republican Turkish Party (CTP), con quasi il 63 % dei voti, segna non solo la sconfitta dell’uscente Ersin Tatar, ma anche un cambio di paradigma politico. Là dove il precedente presidente aveva promosso con forza la linea dei “due Stati”, Erhürman riporta al centro del dibattito l’unica formula che per decenni ha rappresentato il compromesso possibile: una *federazione bi-zonale e bi-comunale, riconosciuta dalla comunità internazionale come base del processo di pace cipriota.
Dietro le cifre del voto — affluenza attorno al 65 %, margine netto e partecipazione giovanile in crescita — si nasconde una frustrazione profonda verso la deriva separatista. Negli ultimi anni, la politica del “due Stati” aveva isolato Cipro Nord, aggravando la dipendenza economica e amministrativa da Ankara. L’inflazione a due cifre, la svalutazione della lira turca e la percezione di uno spazio civico sempre più limitato hanno spinto molti elettori, soprattutto studenti e professionisti, a chiedere una rappresentanza che tornasse a dialogare con Nicosia e con l’Unione Europea. Erhürman incarna questa domanda di normalità, pur senza mettere in discussione l’alleanza con la Turchia.
Il significato politico della “bi-zonal, bi-communal federation”
La formula della federazione bi-zonale e bi-comunale (BZBCF), elaborata negli anni Settanta e ribadita da successive risoluzioni ONU, prevede un’unica sovranità e cittadinanza cipriota, ma con due entità autonome, greco-cipriota e turco-cipriota, uguali in status politico e con ampia autogestione interna. È un compromesso complesso, che mira a bilanciare la sicurezza della comunità turco-cipriota con la legittimità internazionale della Repubblica di Cipro, membro dell’UE.
Negli ultimi anni, il progetto era apparso moribondo. Dopo il fallimento dei negoziati di *Crans-Montana nel 2017, Tatar aveva chiuso ogni spazio di discussione, promuovendo invece l’idea di due Stati separati, sostenuto da Ankara. Con la sua sconfitta, quella linea perde il suo principale interprete politico nel nord. Erhürman non promette una soluzione immediata, ma propone un ritorno al tavolo ONU, a partire dalle basi già concordate: una federazione con uguali poteri tra le due componenti, senza subordinazioni e con garanzie reciproche di rappresentanza. *In un contesto regionale segnato da nuove sfide energetiche e di sicurezza, l’idea federale torna così a essere la più pragmatica.
L’equilibrio delicato con Ankara
La Turchia resta un attore decisivo. Ha sostenuto per anni la linea dei “due Stati”, convinta che una federazione ridurrebbe il proprio controllo sul nord e complicherebbe le sue ambizioni energetiche nel Mediterraneo orientale. Tuttavia, anche ad Ankara si avverte una certa fatica strategica. L’isolamento internazionale della Repubblica Turca di Cipro Nord (TRNC) si traduce in costi crescenti, e i giovani turco-ciprioti guardano sempre più a Bruxelles piuttosto che a Istanbul. Il voto di ottobre è stato letto da molti come una richiesta di “più autonomia, non meno Turchia”.
Erhürman, consapevole della delicatezza del rapporto, ha promesso cooperazione leale con Ankara, ma ha anche rivendicato il diritto della comunità turco-cipriota di decidere la propria direzione politica. È su questa sottile linea di equilibrio che si gioca la sua scommessa: riconquistare margini di negoziazione senza provocare una rottura con il garante della sicurezza e dei finanziamenti del nord.
L’occasione per l’Europa
Per l’Unione Europea, la vittoria di un presidente apertamente favorevole alla federazione rappresenta una rara occasione diplomatica. Bruxelles, che riconosce solo la Repubblica di Cipro, ha sempre mantenuto contatti indiretti con la leadership del nord. Ora potrebbe sostenere concretamente la ripresa dei colloqui, anche con incentivi economici e progetti transfrontalieri. La Commissione valuta, secondo fonti diplomatiche citate da Politico Europe (20 ottobre 2025), la possibilità di estendere programmi di cooperazione digitale e universitaria anche alla comunità turco-cipriota, per favorire la convergenza economica e culturale.
Sul piano energetico, la prospettiva di una federazione ridurrebbe i rischi di incidenti navali e sovrapposizioni di licenze nell’EastMed. E sul piano politico, darebbe nuova forza all’argomento che un’Europa stabile inizia dal Mediterraneo orientale. Tuttavia, il tempo gioca contro: ogni mese di inerzia rafforza chi, a nord come a sud, considera la divisione irreversibile.
In fondo, la formula della federazione bi-zonale non è un sogno federalista astratto: è una architettura minima di convivenza in un’isola dove ogni villaggio, confine e scuola portano ancora le cicatrici del 1974. Non promette riconciliazione immediata, ma riconosce che due comunità, pur diverse, possono condividere un destino istituzionale comune. Dopo anni di nazionalismi speculari, il voto del nord è una scommessa su quella via di mezzo — fragile, imperfetta, ma l’unica ancora aperta.
Se il sud risponderà con serietà e se Ankara non userà il dossier cipriota come leva negoziale contro Bruxelles, Cipro potrebbe finalmente tornare al centro di un progetto federale europeo, non come periferia divisa ma come laboratorio di unione possibile.








