Camerun, la vittoria negata: Tchiroma sfida il regime di Biya
Il Camerun è uno dei Paesi “target” del mitologico “Piano Mattei” del governo Meloni. Eppure, in Italia quasi nessuno si sta occupando di ciò che sta accadendo dopo le elezioni presidenziali del 12 ottobre scorso, in cui il presidente Paul Biya (93 primavere, al potere da 43 anni) si è ricandidato per il suo settimo mandato, che in caso di vittoria terminerebbe all’età di 100 anni.
Da noi, pochissime notizie e solo sulla stampa specializzata sull’Africa; nulla in TV, fatta eccezione per un paradossale servizio andato in onda ieri nella rubrica di Rai 3 “Agenda del mondo”, condotta da Maria Cuffaro, che — forse per un uso disinvolto di una sorta di “intelligenza artigianale”, cioè il recupero qua e là di notizie ufficiali da fonti di regime — ha finito per offrire un’opera di disinformazione più che di informazione, ricostruendo le elezioni camerunesi come l’ennesima vittoria plebiscitaria di Biya, addirittura sostenuta dai giovani della cosiddetta “Generazione Z”. Niente di più falso.
La situazione reale, che si può apprendere facilmente dalle numerose testimonianze e immagini di semplici cittadini e politici camerunesi presenti online (nonostante il regime, da giorni, stia tentando in tutti i modi di bloccare internet), è quella descritta da Calixthe Beyala, la più importante scrittrice camerunense contemporanea, i cui romanzi, editi da Feltrinelli, sono molto noti anche in Italia:
“Biya ha già perso queste elezioni presidenziali. Lo dicono tutti i partiti, e i risultati, seggio per seggio, lo dimostrano. Il prossimo presidente del Camerun è Issa Tchiroma Bakary. La grande domanda è: Biya avrà la grazia di cedere il potere o cercherà di imporsi falsificando i risultati?”
Così la scrittrice camerunese.
Secondo i risultati provvisori diffusi dai partiti di opposizione e da osservatori indipendenti, Issa Tchiroma Bakary avrebbe vinto con un margine significativo sul presidente uscente Paul Biya, al potere da oltre quattro decenni. Ma la legge elettorale camerunense, che concede fino a 15 giorni di tempo per la pubblicazione dei risultati ufficiali, apre la porta a possibili manipolazioni da parte del regime. Durante questo periodo di attesa, il potere rimane nelle mani del governo in carica e il processo di conteggio e convalida dei voti è interamente gestito da istituzioni sotto il controllo del regime, in particolare il Consiglio costituzionale, unico organo autorizzato a proclamare il vincitore.
La commissione elettorale nominata dal governo ha avviato una frenetica opera di “riconteggio”, in cui, in numerosi seggi, si attribuisce la vittoria al presidente uscente con oltre il 90% dei voti e, soprattutto, con percentuali di votanti del 100%: circostanza assurda, considerando anche le molte zone di guerra nel nord-ovest del Paese dove addirittura non si è votato.
Oggi il Consiglio costituzionale, certo che “l’opera di revisione dei dati elettorali è stata completata”, ha annunciato per giovedì 23 ottobre alle ore 10 la proclamazione dei dati ufficiali. È qui che si concretizzano le paure di molti camerunesi: che i risultati vengano “aggiustati” per garantire un’ennesima vittoria di Biya, nonostante i dati provenienti dai seggi indichino chiaramente un trionfo di Issa Tchiroma.

Un Paese sospeso nell’attesa
Le strade di Yaoundé e Douala, le principali città del Paese, sono attraversate da una calma tesa, così come quelle dell’Ovest, dove è stata data alle fiamme la sede del partito di governo. Soprattutto sale la tensione nel Nord, la regione di Tchiroma, dove la popolazione si è schierata a difesa del “presidente eletto dal popolo”, che il regime ha già minacciato di arresto (solo perché rivendica la vittoria elettorale), organizzando una vera e propria guardia presidenziale popolare davanti alla sua abitazione.
La popolazione attende con ansia l’annuncio dei risultati — basta parlare con un camerunese qualsiasi per capire come stanno davvero le cose sul campo — mentre i partiti di opposizione chiedono trasparenza e accesso pubblico ai verbali di voto. Le organizzazioni civiche denunciano che, in diverse regioni, soprattutto nel Nord e nelle aree anglofone, le operazioni di scrutinio sarebbero state “corrette” sotto la supervisione di funzionari governativi.
Il clima politico resta esplosivo. Le forze di sicurezza presidiano le piazze principali e le sedi dei partiti di opposizione, mentre sui social network si moltiplicano le accuse di brogli e i video che mostrerebbero irregolarità ai seggi. In alcune zone rurali, testimoni riferiscono di schede aggiunte pre-votate ed elettori intimiditi o impossibilitati a votare.
Tchiroma, nel frattempo, ha invitato alla calma, ma ha anche avvertito che “nessuna manipolazione potrà cancellare la volontà del popolo camerunense”. Preso atto delle frodi nella commissione elettorale, il suo partito FNSC è uscito dall’organismo e lo stesso Tchiroma ha annunciato oggi che, in risposta alla falsificazione dei dati, pubblicherà i verbali degli oltre 30.000 seggi sparsi nel Paese che lo vedono largamente vincitore ovunque.
Giovani, repressione e scenari possibili
L’età media in Camerun è di 18 anni e la cosiddetta Generazione Z ha votato in massa per Tchiroma, contrariamente al racconto del servizio RAI: la sua figura è diventata il punto di riferimento per una larga fetta di giovani che chiedono una svolta dopo decenni di stagnazione politica ed economica. Nonostante per anni sia stato vicino a Biya, la sua campagna ha puntato su un messaggio di rinnovamento e inclusione, trovando eco soprattutto tra le nuove generazioni urbane.
Paul Biya, 92 anni, è al potere dal 1982 ed è uno dei leader più longevi del continente africano. Le elezioni degli ultimi anni sono state regolarmente segnate da accuse di frodi e repressione dell’opposizione. Questa volta, però, la portata del malcontento popolare e la crescente pressione internazionale potrebbero rendere più difficile una manipolazione evidente del voto.
Tuttavia, il controllo assoluto che Biya mantiene sulle istituzioni — esercito, magistratura, amministrazione e soprattutto Consiglio costituzionale — rende concreto il rischio di una “riconferma forzata”. Molti osservatori temono che il regime possa sfruttare le due settimane previste dalla legge per “ricalibrare” i risultati e dichiarare Biya vincitore, appellandosi a presunte irregolarità nei conteggi locali o a motivi di sicurezza nazionale.
La popolazione camerunense resta divisa tra speranza e paura. Da un lato, cresce la fiducia nel cambiamento rappresentato da Issa Tchiroma, un politico esperto ma percepito come più vicino alle esigenze del popolo. Dall’altro, l’esperienza di decenni di elezioni contestate alimenta il sospetto che la volontà popolare possa essere ancora una volta tradita.
Mentre i giorni passano e il silenzio delle istituzioni si fa assordante, il Camerun resta sospeso in una pericolosa attesa. La comunità internazionale segue con preoccupazione, ma molti camerunesi temono che, anche questa volta, le loro speranze di alternanza politica vengano schiacciate dal peso di un regime che non intende mollare il potere.
Come ha detto Calixthe Beyala, “la grande domanda è se Biya avrà la grazia di cedere il potere o cercherà di imporsi falsificando i risultati”. La risposta a questa domanda determinerà il futuro democratico — o la sua definitiva fine — in Camerun.
In questo contesto sarebbe necessaria una forte presa di posizione non solo dell’Italia ma anche dell’Unione europea, considerando che il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione il 31 marzo 2025 in cui sollecitava il Camerun a garantire la libertà di stampa e l’accesso all’opposizione in vista delle elezioni, chiedendo che l’UE e gli Stati membri «utilizzino la leva diplomatica ed economica per ottenere miglioramenti tangibili» in materia di diritti umani.
Poiché l’UE non è stata formalmente invitata a osservare con una missione di osservazione elettorale (EOM) accreditata per le presidenziali del Camerun 2025, l’attenzione delle sue istituzioni verso i risultati elettorali “ufficiali” dovrebbe essere ancora maggiore.










