Antimafia e conflitto d’interessi: i rischi di una legge “contra personas”
Se ne è parlato poco o nulla nel dibattito pubblico, ma il tema è di quelli che mi appassionano di più: l’equilibrio tra garanzie costituzionali e la prassi politica quotidiana.
Una di quelle cose che ogni volta che ne parlo mi si dice “non frega niente a nessuno delle questioni di forma” ed è vero, ma la democrazia vive anche di formalismi e ultimamente si tende a essere troppo “informali”.
La china è pericolosa: si sposta piano piano la linea di demarcazione tra stato di diritto e arbitrio, fino a quando ci ritroveremo senza Stato e senza Diritto. Vi risparmio la metafora su come viene bollita la rana, ma ci siamo capiti.
Che è successo?
Al Senato è arrivato in Aula martedì un disegno di legge presentato dal Sen. Iannone (FdI, è anche Sottosegretario al MIT) e sottoscritto da parlamentari di tutta la maggioranza (Atto Senato n. 1277). Il Ddl prevede che qualora un commissario venga giudicato in conflitto di interesse possano essere sospese le sue prerogative (ascoltare le audizioni, consultare atti, partecipare alla redazione della relazione conclusiva, partecipare alle sedute, votare).
La legge non elenca i casi per i quali questo conflitto si manifesta (i giuristi parlerebbero di “tipizzazione della fattispecie”) e non prevede alcuna maggioranza qualificata per deliberarne la sussistenza. Intervenendo nel corso del dibattito parlamentare la maggioranza ha “tipizzato” il presunto conflitto con il fatto di “non essere imparziale”, definizione che però si potrebbe estendere a qualsivoglia parlamentare, che sono per definizione “di parte”. È come se in un processo la ricusazione del giudice per imparzialità venisse disposta dai difensori dell’imputato oppure dal Procuratore che ha istruito il caso.
A proposito di confusione tra commissione parlamentare e aule di giustizia, anche Chiara Colosimo (FdI), Presidente della Commissione Antimafia, ha sposato la tesi della imparzialità e per allontanare le accuse di voler fare una norma contra personas ha dichiarato: “Non riguarda Scarpinato, ma ad esempio se dovesse esserci un parlamentare avvocato penalista che ha difeso un boss e quel boss dovesse venire in commissione varrebbe anche per lui”. Che viene da dire, ‘embè, e allora?’. Non è mica un processo. E anche se lo fosse, la presenza dell’avvocato alla deposizione del proprio cliente sarebbe d’obbligo.
Queste due mancanze (mancata tipizzazione e ricorso alla maggioranza semplice per deliberare) comportano che viene data a una maggioranza parlamentare pro tempore una delega in bianco a liberarsi di chiunque risulti inviso alla maggioranza stessa. In più il Ddl prevede la sospensione e non la sostituzione del commissario, perché la maggioranza voleva evitare di rendere palese l’effetto sanzionatorio (e quindi di dubbia costituzionalità) della disposizione. Si pronuncerà eventualmente la Consulta sul punto, ma a me sembra che chiamarla sospensione sia solo un espediente terminologico, visto che gli effetti sono quelli di una esclusione di fatto, impedendo al commissario qualsiasi attività, incluso il voto.
Oltre a essere lesiva del libero mandato parlamentare, la sospensione àltera il rapporto numerico tra maggioranza e opposizione (le commissioni sono composte sulla base della consistenza dei gruppi parlamentari e la scelta dei commissari è fatta dai presidenti delle due Camere). A questo punto, forzatura per forzatura (sulla quale -lo ripeto- sarà eventualmente il giudice delle leggi a pronunciarsi), sarebbe preferibile la sostituzione, in modo che almeno i diritti delle minoranze siano preservati.
Siamo davanti a una legge contra personas, visto che i Senatori Russo (FdI) e Gasparri (FI) nei loro interventi in discussione generale hanno fatto esplicito riferimento all’On. De Raho e al Sen. Scarpinato (entrambi del M5S), che a loro dire sarebbero in conflitto in quanto ex magistrati che hanno indagato sulla mafia.
Russo, in particolare, ha motivato dicendo che gli atti della commissione “incidono sulla memoria pubblica, finiscono nei libri di Storia”, confermando una ossessione della destra per la memoria e i libri di Storia. Posso tranquillizzare il Sen. Russo: le sentenze dí Scarpinato nei libri di Storia ci sono già finite e la memoria pubblica, purtroppo, ne è già stata condizionata (non senza responsabilità della sua stessa pare politica, per altro).
Non ho particolare simpatia per De Raho e Scarpinato e -per quanto riguarda quest’ultimo- non condivido il modo in cui ha strumentalizzato a fini politici il proprio ruolo professionale o costruito teoremi accusatori che hanno poi dimostrato in giudizio tutta la loro fragilità (ogni riferimento alla presunta “trattativa” Stato-Mafia non è casuale). Ma se il tema sono i libri o la coscienza collettiva, il danno ormai è fatto.
Non ho particolare simpatia per De Raho e Scarpinato ma nemmeno per Gasparri. Solo che a fare di Scarpinato e Gasparri due senatori è stato il popolo sovrano, come a fare di Scarpinato e De Raho dei commissari della Commissione Antimafia è stato il Parlamento.
E così vengo al punto: mi fa piacere che i magistrati si occupino di dare un giudizio politico del fenomeno mafioso? No. Avrei indicato De Raho e Scarpinato per quella Commissione? No; non li avrei nemmeno indicati per il Parlamento, se è per questo. Ma la democrazia comporta che si debba accettare che a volte vincono quelli che la pensano come te e a volte vincono i 5Stelle, con tutto quello che ne consegue. Il lascito di quel periodo tra l’altro non è solo il giustizialismo (riduzione del numero dei parlamentari, super bonus edilizia, decreti Salvini… per citarne solo alcuni tra i peggiori)
Avrei evitato di mettere in Commissione Antimafia degli ex giudici antimafia. Ma cosa fatta capo ha. Adesso la maggioranza vuole mettere una pezza che è peggiore del buco, creando un precedente pericoloso. E lo fa perché si preoccupa dei libri di Storia, dice il Sen. Russo.
E lo fa, come ha detto in Aula il Sen. Bazoli (la cui famiglia ha pagato un prezzo pesante alla strategia della tensione), quando la Commissione potrebbe approfondire anche le connessioni tra la strategia stragista di Cosa Nostra, la massoneria, il terrorismo nero e alcuni apparati “deviati” dello Stato e dei profondi conoscitori del fenomeno mafioso potrebbero dare un contributo utile al lavoro della Commissione.
Ma non voglio fare speculazioni, quello che voglio stigmatizzare è il precedente che si verrebbe a creare. Speriamo in una sussulto di coscienza da parte della maggioranza. Sono stati presentati emendamenti soppressivi. Se ne fosse approvato uno, il Ddl tornerebbe in commissione e si potrebbe scrivere un testo che corregga le storture ricordate all’inizio: chiarire i confini di cosa sia inquadrabile come conflitto di interesse (in letteratura c’è un consenso abbastanza unanime sul punto) e prevedere una maggioranza qualificata per deliberare la sospensione o la sostituzione. Oppure, meglio ancora, si potrebbe parcheggiare il Ddl su un binario morto, come si dice in gergo.








