Piccola Madre Russia: Putin nasconde i dati demografici del Paese

«La Russia non pubblicherà più alcun dato demografico. D’ora in poi, è un segreto di Stato». È con questa frase lapidaria che Nona Mikhelidze, senior fellow dell’Istituto Affari Internazionali, ha dato voce su X a una notizia passata in sordina ma dal potenziale deflagrante. Il 2 luglio, Rosstat ha diffuso una nuova raccolta statistica, ma qualcosa mancava. Qualcosa di fondamentale. Per la prima volta, l’intero capitolo dedicato alla demografia è stato rimosso, lasciando accessibili solo un paio di indicatori generici. Niente dati su natalità, mortalità, migrazione interna, provenienza dei nuovi arrivati, né traccia delle cifre su rifugiati, spostamenti forzati, matrimoni e divorzi. Un buco nero informativo che lascia intravedere un’altra realtà, forse ancora più buia: quella di un collasso demografico ormai fuori controllo.
L’ultimo bollettino completo di Rosstat risale al marzo 2025 ed è stato pubblicato il 16 maggio, in linea con le consuete tempistiche. Ma da allora, più nulla. Nessun aggiornamento per aprile, né indicazioni sui mesi successivi. In passato, le cifre del mese di aprile erano state diffuse al massimo entro la prima decade di giugno. Questa assenza, tanto anomala quanto inquietante, ha spinto diverse testate indipendenti a indagare. Mediazona ha confermato che anche il report mensile sul “Posizionamento socio-economico della Russia” relativo ai primi cinque mesi del 2025 non include più alcuna informazione demografica. Una censura silenziosa che avviene nel momento peggiore possibile per il Paese.
Tutto lascia intendere che le autorità abbiano deciso di nascondere la verità, non per timore di un errore metodologico, ma per il timore del giudizio. I dati demografici russi, già preoccupanti negli ultimi anni, potrebbero essere crollati oltre ogni previsione. Nel 2024, le nascite erano scese sotto le 600.000 nei primi sei mesi dell’anno, segnando il dato peggiore dal 1999. Il tasso di fecondità nazionale era sceso a 1,41 figli per donna, ben lontano dal 2,1 considerato necessario per il ricambio generazionale. Le misure adottate da Mosca – come i bonus per la natalità o le restrizioni sull’aborto – non hanno invertito la rotta. E anzi, nel 2025 la situazione sembra essersi ulteriormente aggravata, con una caduta libera che ora si tenta di occultare.
La decisione di chiudere l’accesso ai dati non è solo una scelta politica. È un gesto esistenziale. La Russia è uno Stato che ha sempre fondato la propria forza sulla vastità dello spazio, sulla profondità strategica, sull’ampiezza del territorio e sulla massa della propria popolazione. Ridursi a una nazione “vuota” sarebbe, per l’immaginario imperiale russo, una sconfitta psicologica prima ancora che geopolitica. La forza dell’esercito, la capacità produttiva, la tenuta sociale: tutto dipende dalla quantità, oltre che dalla qualità, delle persone. E oggi questa quantità è in crisi profonda.
A rendere ancora più drammatica la situazione c’è l’impatto della guerra in Ucraina. Non solo per le perdite umane, ma anche per l’esodo di giovani e professionisti in fuga dal reclutamento forzato e dalla chiusura del sistema. Le statistiche non ufficiali parlano di centinaia di migliaia di uomini in età lavorativa usciti dal Paese. Il risultato è una società che invecchia rapidamente, che perde capitale umano e che non riesce a trattenere i suoi talenti, nonostante gli incentivi statali e le narrazioni patriottiche.
La crisi demografica russa, seppur estrema, non è un caso isolato. Anche l’Ucraina, ad esempio, affronta un crollo della natalità, con un tasso di fecondità intorno all’1,3, mentre guerre e instabilità spingono migliaia di persone ad abbandonare il Paese. Ma per Mosca il colpo è più duro: perché la sua pretesa di essere una grande potenza globale si scontra con la realtà di uno Stato che perde abitanti più in fretta di quanto riesca a sostituirli. Non è più solo un problema sociale. È un problema strutturale, strategico, identitario.
In una realtà in cui persino la produzione industriale arranca, in cui la fuga dei cervelli minaccia ogni ambizione tecnologica, e in cui la proiezione militare costa ogni anno migliaia di vite giovani, il silenzio sui numeri può essere l’ultima risorsa del potere per proteggere il proprio mito. Ma nascondere i dati non fermerà la crisi. Al contrario, la renderà più difficile da affrontare. Perché se la Russia si scopre fragile proprio dove ha sempre creduto di essere forte – nella popolazione, nella resistenza, nella continuità – allora il problema non è solo demografico. È esistenziale. E riguarda l’intero futuro del Paese.
