Tra illusioni diplomatiche e nuove offensive, l’Europa resta il perno della resistenza ucraina

Vincenzo D'Arienzo
05/07/2025
Appunti di Viaggio

Mentre le diplomazie cercano spiragli, il conflitto in Ucraina si incanala sempre più verso una fase di stallo strategico e scontro frontale. L’attacco aereo della notte tra il 3 e il 4 luglio, uno dei più gravi del 2025, ha colpito sei dei dieci distretti di Kyiv, provocando almeno 26 feriti, danni a strutture sanitarie, edifici residenziali, infrastrutture ferroviarie e decine di incendi. Secondo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, si è trattato di un’“azione deliberata e cinica”, eseguita con 539 droni e 11 missili, a dimostrazione di come Mosca non abbia alcuna intenzione di allentare la pressione.

Anche le regioni di Dnipro, Sumy, Kharkiv e Cernihiv sono state bersaglio di attacchi simultanei, in quello che appare sempre più come un messaggio brutale e inequivocabile: la Russia può ancora colpire in profondità e senza limiti.

Colloqui sterili tra Trump e Putin

L’offensiva è giunta poche ore dopo un colloquio telefonico tra il presidente americano Donald Trump e l’omologo russo Vladimir Putin, durato circa un’ora ma conclusosi con “nessun progresso” verso il cessate il fuoco. Trump ha successivamente parlato anche con Zelensky, confermando un appoggio formale ma sempre più privo di sostanza operativa. Al di là delle dichiarazioni di buona volontà, il dato politico resta il blocco degli aiuti militari già approvati – incluse munizioni per la difesa aerea – e l’assenza di nuovi fondi per l’Ucraina nel bilancio federale statunitense del prossimo anno.

L’impressione, rafforzata da indiscrezioni diplomatiche europee e da notizie su un possibile riavvio del progetto Nord Stream con il coinvolgimento di investitori americani, è che la Casa Bianca stia perseguendo una strategia di disimpegno mascherata da diplomazia. Un riavvicinamento con Mosca, motivato da interessi energetici convergenti, sembra profilarsi all’orizzonte, alimentando il sospetto che Washington voglia ridefinire i propri equilibri globali anche a scapito dell’Ucraina e della coesione euro-atlantica.



Putin guadagna tempo, Kyiv si riorganizza

Se per Putin questo scenario rappresenta un’opportunità per consolidare le posizioni sul terreno e rafforzare la propria leva negoziale, per Kyiv la situazione è più complessa. L’inaffidabilità americana ha innescato un cambiamento di paradigma: l’Ucraina, consapevole della fragilità del supporto statunitense, sta puntando su una maggiore autonomia militare e su partnership strategiche con l’Europa.

Secondo fonti ufficiali, circa il 40% delle armi utilizzate dall’Ucraina è già prodotto localmente. La strategia ora è estendere questa capacità produttiva grazie a collaborazioni con paesi europei come Polonia, Francia e Germania. Zelensky ha parlato apertamente di co-produzione di droni e tecnologie difensive con gli Stati Uniti, ma è evidente che lo spazio per un’integrazione industriale con l’Europa si sta ampliando in modo più concreto e rapido.

L’Europa chiamata alla prova della coesione

In questo contesto, l’Unione Europea non può più permettersi di agire in modo frammentato. Il recente vertice NATO all’Aia ha già messo in evidenza la necessità di un salto di qualità, e il summit del 10 luglio a Londra – promosso dal presidente francese Emmanuel Macron e dal neoeletto premier britannico Keir Starmer – sarà un banco di prova determinante. L’idea di un fronte europeo dei “volenterosi” sta prendendo forma, capace di sostenere l’Ucraina in modo strutturale e indipendente dalle oscillazioni della politica americana.

Ma non si tratta solo di un dovere morale: è una questione di sicurezza strategica. Un’Europa capace di agire autonomamente nel proprio vicinato orientale – in linea con il principio di autonomia strategica promossa da Bruxelles – è una condizione imprescindibile per la credibilità geopolitica dell’Unione e per la sopravvivenza stessa del progetto europeo.

Oltre l’illusione dell’equidistanza

L’attuale fase del conflitto ucraino interroga profondamente l’Occidente. La ricerca di un equilibrio tra diplomazia e deterrenza è necessaria, ma non può basarsi su concessioni unilaterali né su una visione cinica degli interessi energetici. La tentazione, da parte di Trump e Putin, di spartirsi sfere di influenza sul mercato energetico europeo – come denunciato da fonti di Bruxelles e Berlino – rischia di compromettere non solo il destino dell’Ucraina, ma anche la sovranità energetica e politica del Vecchio Continente.

L’equidistanza è un’illusione pericolosa: l’Europa deve affermare con chiarezza da che parte sta, non solo per difendere valori condivisi, ma per proteggere la propria stessa stabilità.

Kyiv resiste, l’Europa deve decidere

La nuova escalation dimostra che la guerra in Ucraina è tutt’altro che congelata. Dietro ogni tentativo di negoziato si cela una battaglia più ampia: quella per ridefinire l’ordine internazionale. L’Europa ha oggi una responsabilità che va oltre il sostegno militare: deve scegliere se essere protagonista o spettatrice in questo processo.

La resilienza ucraina, messa ancora una volta alla prova, merita un sostegno strategico, duraturo e coerente con i valori democratici su cui si fonda l’Unione. Il tempo dell’attesa è finito. La posta in gioco non è solo il destino dell’Ucraina, ma anche la capacità dell’Europa di affermare la propria autonomia, coerenza e visione del mondo.