Trump fa vincere i laburisti in Australia

Storico successo per Anthony Albanese: riconfermato con una maggioranza larga. I conservatori ai minimi storici. Cambia la geografia del consenso progressista, anche a livello internazionale.
Il Partito Laburista australiano ha ottenuto un risultato elettorale di portata storica alle elezioni federali del 3 maggio. Con 85 seggi conquistati alla Camera dei Rappresentanti, il primo ministro Anthony Albanese è stato riconfermato per un secondo mandato consecutivo, un evento che non si verificava per un leader laburista dal 1901. Il dato riflette non solo una solida tenuta del governo in carica, ma anche una ristrutturazione del consenso a favore di piattaforme progressiste, in controtendenza rispetto a fasi politiche precedenti.
Il leader dell’opposizione Dutton sconfitto nel suo collegio
La sconfitta della coalizione Liberal-Nazionale, guidata da Peter Dutton, segna un punto di svolta nella politica conservatrice australiana. Dutton ha perso il suo seggio nel collegio di Dickson, in Queensland, un evento raro nella storia parlamentare del Paese e indicativo di un cambiamento significativo nell’orientamento degli elettori. Con soli 41 seggi, la coalizione registra il peggior risultato della sua storia, segnalando una crisi di rappresentanza all’interno dell’area conservatrice.
L’Australia dice no al trumpismo
Un elemento chiave di questa tornata elettorale è stato il rigetto da parte dell’elettorato di strategie comunicative e programmatiche riconducibili alla retorica politica di Donald Trump. La campagna di Dutton, centrata su temi identitari, opposizione alla cosiddetta cultura “woke” e promozione dell’energia nucleare, ha ripreso toni e contenuti già sperimentati altrove. Ma non ha ottenuto il consenso sperato. La proposta più sobria e inclusiva di Albanese ha incontrato adesione, evidenziando una preferenza degli australiani (come era accaduto per i canadesi) per modelli di leadership meno conflittuali.
L’esito australiano e il contesto internazionale
Il risultato elettorale australiano si inserisce in una dinamica più ampia, che riguarda diverse democrazie occidentali. In Canada, appunto, le forze conservatrici stanno perdendo terreno, mentre in Europa (al netto del caso rumeno) si osserva una ripresa di una politica più centrista. Questo andamento suggerisce una possibile inversione rispetto alla fase espansiva delle forze populiste e nazionaliste dell’ultimo decennio. L’elettorato sembra premiare approcci più pragmatici e orientati alla stabilità istituzionale.
Una vittoria, non un assegno in bianco
Ad ogni modo, la riconferma di Albanese apre una nuova fase politica che presenta numerose criticità. Il governo dovrà affrontare sfide strutturali, tra cui l’aumento del costo della vita, la gestione della transizione energetica e il posizionamento dell’Australia nel contesto delle attuali tensioni geopolitiche. Il mantenimento del consenso richiederà capacità di mediazione, coerenza programmatica e attenzione alle istanze sociali, evitando forme di autocompiacimento e immobilismo politico.
Insomma, la vittoria laburista in Australia assume un significato che va oltre i confini nazionali. Il ridimensionamento dell’agenda trumpiana in un contesto tradizionalmente anglosassone come quello australiano potrebbe essere interpretato come un indicatore preliminare di un mutamento più ampio nelle preferenze politiche globali. Resta da verificare se tale esito rappresenti un caso isolato o l’avvio di una fase di riassestamento del panorama politico internazionale, in direzione di modelli più inclusivi, moderati e orientati alla governabilità.