La riscossa del Centro: la lezione di Starmer, Merz e Carney ai liberali italiani

Vincenzo D'Arienzo
30/04/2025
Poteri

In un tempo in cui la politica è dominata da estremismi e urla, il centro torna a essere un’opzione concreta. Non come compromesso debole, ma come progetto autonomo. Le esperienze di Keir Starmer nel Regno Unito, Friedrich Merz in Germania e Mark Carney in Canada lo dimostrano: c’è una crescente domanda di leadership pragmatica, capace di coniugare competenza, visione e stabilità. Ma cosa insegna tutto questo all’Italia e a chi si riconosce in un’identità liberale ed europeista?

Il centro che governa: i casi di Starmer, Merz e Carney

Il successo di Starmer, Merz e Carney non è casuale. Si fonda su un’intuizione precisa: in tempi di incertezza e polarizzazione, la risposta non è l’ambiguità, ma un nuovo pragmatismo radicale.

Keir Starmer ha riposizionato il Labour dopo la deriva ideologica del corbynismo, riconquistando l’elettorato moderato che si era allontanato. Tono sobrio, attenzione ai conti pubblici, recupero di credibilità istituzionale: così ha riportato il partito verso il centro, senza abbandonare l’agenda progressista.
Il nuovo centrismo di Starmer si riflette anche sul piano internazionale. La scelta di rilanciare le relazioni tra Regno Unito e Unione Europea, con un accordo strategico in preparazione per il summit del 19 maggio, segna una rottura netta con le tensioni post-Brexit. Starmer sta costruendo una diplomazia pragmatica e multilaterale, fondata sul libero scambio, il sostegno all’Ucraina, l’impegno per una soluzione in Medio Oriente e il rispetto dei diritti umani. Questa visione — europeista nei contenuti, pur restando fuori dall’UE — dimostra come sia possibile, anche in contesti polarizzati, riaffermare un centro solido e coerente sul piano globale.

Friedrich Merz, erede della lunga stagione Merkel, ha impresso una svolta alla CDU: un conservatorismo europeo, favorevole al business, attento alla transizione ecologica e alla sicurezza. Un equilibrio difficile, ma necessario, in una Germania scossa dalle tensioni post-pandemia e dalle spinte populiste.

Mark Carney, economista di caratura internazionale, ha dimostrato che anche fuori dall’Europa è possibile costruire una narrazione centrista con basi solide. In Canada, ha proposto un approccio concreto a temi cruciali come ambiente, equità sociale e regolazione dei mercati.

In tutti e tre i casi, la credibilità dei leader si è unita a una visione chiara. Il centro vince quando non è solo sintesi tra opposti, ma spazio politico con valori propri: responsabilità, legalità, apertura, solidarietà, competitività.

Italia: una domanda senza offerta

In Italia la situazione è più complicata. Secondo i dati dell’Osservatorio Monitoring Democracy dell’Università Bocconi, esiste una domanda latente di centro. Una parte dell’elettorato – in particolare giovani e donne – è stanca della polarizzazione e cerca alternative credibili, sia al sovranismo che alla sinistra populista.

Ma l’offerta politica è debole e frammentata. I principali attori centristi – Azione, Italia Viva, PLD, Noi Moderati – una costruiscono una proposta unitaria e riconoscibile, capace di parlare a un pubblico ampio.

Azione ha mantenuto coerenza su dossier chiave (energia, politica estera, riforme), ma ha sofferto l’isolamento e uno stile comunicativo spesso divisivo. La rottura con Italia Viva ha reso più difficile ogni strategia di alleanza e indebolito l’intero progetto centrista.

IV, da parte sua, ha scelto il rientro nell’orbita del centrosinistra: una mossa tattica più che identitaria, che ha offuscato il profilo del partito e lo ha spinto verso l’irrilevanza.

Noi Moderati resta subalterno al centrodestra, privo di una vera autonomia, mentre per il neonato Partito Liberaldemocratico la difficoltà sta nell’affermarsi in un panorama così frammentato.

Il risultato? Un centro italiano che sembra un terreno arato ma non coltivato: fertile, ma inespresso.

Giovani spaccati, politica polarizzata: i dati lo confermano

C’è poi un fenomeno meno discusso ma rilevante: la polarizzazione di genere tra i giovani elettori. Lo studio della Bocconi mostra come le ragazze tendano verso posizioni progressiste (PD, M5S), mentre i ragazzi si orientano verso scelte conservatrici o antisistema, premiando Fratelli d’Italia, Forza Italia o i partiti centristi.

Questa frattura evidenzia un punto critico: il centro potrebbe fungere da punto d’equilibrio, ma oggi non parla davvero a nessuno dei due mondi. Nei sondaggi, raccoglie appena il 5% tra i giovani uomini e il 14% tra le giovani donne. Troppo poco per contare davvero.

Tre condizioni per rifondare un centro vincente

Se i liberali italiani vogliono costruire un’alternativa credibile, devono imparare dai modelli stranieri. Servono tre elementi chiave:

1.⁠ ⁠Coerenza programmatica
Serve un’agenda chiara, riformista, che affronti i nodi strutturali del Paese: debito, produttività, scuola, giustizia civile, transizione ecologica. Il centro vince non quando media, ma quando propone soluzioni nette e realizzabili.
Anche in politica estera, come insegna Starmer, serve una linea chiara: cooperazione internazionale, difesa del diritto, dialogo costruttivo con l’Europa.

2.⁠ ⁠Leadership collettiva
Basta personalismi. Serve una squadra capace di unire territori, generazioni, competenze. È il momento di superare i protagonismi e puntare su una nuova classe dirigente cooperativa.

3.⁠ ⁠Comunicazione empatica
L’elettore moderato non vuole né tecnocrazia senz’anima né slogan vuoti. Cerca chiarezza, empatia, concretezza. Il centro deve tornare a parlare di speranza, responsabilità, futuro.

Conclusione: agire ora, o sparire

Il tempo stringe. Le grandi sfide – crisi demografica, transizione digitale, inflazione, energia – richiedono una forza politica che tenga insieme visione e stabilità. Il centro può esserlo, ma solo se smette di assistere e inizia a guidare.

La finestra di opportunità esiste. Ma non durerà a lungo. Se i liberali vogliono contare, devono abbandonare i tatticismi, costruire vere alleanze, investire in idee forti e volti credibili. Non si tratta solo di superare lo sbarramento: si tratta di offrire al Paese una casa politica nuova, capace di parlare al suo cuore razionale e alla sua intelligenza emotiva.